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Nell'anno del sessantesimo anniversario della firma dei Trattati di Roma, evento che ha visto l'Italia e la sua capitale al centro di diverse iniziative di ricordo e di celebrazione a ogni livello, anche la Confederazione europea dei sindacati ha scelto Roma per uno dei suoi più attesi momenti di discussione e di proiezione esterna.
Da lunedì 29 a mercoledì 31 maggio, infatti, si svolgerà proprio a Roma la Mid-Term Conference della Ces, l'appuntamento che - collocandosi esattamente a metà dell'arco temporale dei quattro anni del mandato congressuale del sindacato europeo, avendo la Ces svolto il suo ultimo congresso nel 2015 a Parigi - costituisce l'occasione per una verifica del lavoro fatto, per un confronto sui risultati ottenuti, per la messa a punto dei meccanismi organizzativi e di vita interna, per il lavoro da fare nel biennio che verrà. Per realizzare tutto ciò, oltre quattrocento tra presidenti, segretari generali, dirigenti e delegati di oltre novanta confederazioni sindacali nazionali aderenti alla Ces, si riuniranno negli ultimi tre giorni di maggio al teatro Quirino di Roma.
La prima giornata sarà dedicata proprio ad un evento speciale per i sessant'anni dell'Europa unita, con una relazione sullo stato e le prospettive dell'Unione europea a cura del professor Enzo Moavero-Milanesi e una discussione a cui parteciperanno i segretari generali dei sindacati italiani e della Ces, la commissaria europea al Lavoro e agli affari sociali Marianne Thyssen, il presidente della commissione Lavoro della Camera dei deputati Cesare Damiano e il ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Nei due giorni successivi, nel corso di diverse sessioni e con il contributo di esperti, accademici, esponenti della politica e delle istituzioni, si affronteranno le principali questioni su cui il movimento sindacale europeo sarà impegnato, nel tempo che ci separa dalle prossime elezioni europee.
Sono le questioni su cui si gioca, in effetti, la stessa possibilità di futuro dell'Unione europea, il cui progetto è in una profonda crisi. Una crisi di prospettiva istituzionale e politica, una crisi di coraggio e di visione dei leader e dei governanti nazionali ed europei, una crisi di fiducia da parte dei cittadini e dei lavoratori. L'Europa ha bisogno di una nuova politica economica, di una riscrittura dei trattati (a partire dal Fiscal compact e dal Patto di stabilità e crescita), della revisione del processo di governance dell'economia e dei suoi meccanismi, della definitiva archiviazione della stagione dell'austerità e del rigore. Se si vuole, come è sempre più urgente, avviare una fase di crescita robusta dell'economia europea, allora bisogna ribaltare il paradigma della predicazione neoliberista - che ha trovato nella Commissione europea uno dei suoi più acritici e fedeli sostenitori - e passare dai tagli nella spesa pubblica, nel welfare e nei sistemi di protezione sociale a una fase nuova di investimenti pubblici e privati nelle infrastrutture, nelle nuove tecnologie, nella ricerca e nell'innovazione.
Una politica che sia capace di indirizzare le scelte strategiche sugli investimenti verso le grandi questioni dell'interconnessione delle reti e dei servizi, del cambiamento climatico, della rivoluzione industriale e produttiva in corso, dell'invecchiamento attivo e del trend demografico che riguarda la popolazione in tutta Europa, per passare dalla contrazione delle opportunità e dalla disoccupazione galoppante alla creazione di posti di lavoro nuovi, stabili e di qualità per lavoratori e, soprattutto, per i giovani e le donne in Europa. Questi obiettivi possono essere meglio perseguiti se l'Unione Europea torna ad investire sull'idea di modello sociale, rilanciando il valore e la funzione della contrattazione collettiva come pietra angolare nelle relazioni industriali e di lavoro, perseguendo un'azione di crescita generalizzata dei salari (come chiede la Pay Rise Campaign della Ces), costruendo un efficace e inclusivo Pilastro europeo dei diritti sociali, valorizzando i meccanismi di partecipazione e coinvolgimento dei lavoratori nelle decisioni e nelle strategie delle imprese.
Si tratta, in sostanza, di declinare il cambiamento del lavoro, l'idea di futuro del lavoro, con la necessaria capacità di lettura e analisi dei processi reali e l'altrettanto necessaria capacità di cambiamento e di adattamento del movimento sindacale, per tutelare il lavoro tradizionale e quello dell'economia digitale, per contrattare il cambiamento, per fare in modo che le grandi trasformazioni nei processi produttivi e nei modelli di impresa producano vantaggi anche per chi lavora, non solo per gli azionisti e i manager delle multinazionali. E per evitare che il lavoro del futuro sia condannato alla condizione di lavoro povero, sfruttato, di pochi diritti e di basso salario, con le persone inchiodate a condizioni di precarietà, di incertezza di vita, di disuguaglianza.
Anche per questo, il tema dell'immigrazione, dell'accesso in Europa di migranti, di rifugiati, di richiedenti asilo, non potrà non avere risalto nella discussione, per gli evidenti impatti sui sistemi economici, sulla struttura del mercato del lavoro, sulla sostenibilità dei sistemi pensionistici e di welfare di fronte ai fenomeni demografici in corso. Oltre ai leader sindacali, si misureranno sull'insieme dei temi in discussione personalità di livello europeo del calibro di Anne Hidalgo, sindaco di Parigi, di Nicolas Schmit, ministro del Lavoro in Lussemburgo e coordinatore dei ministri del lavoro di area socialista e socialdemocratica, di professori e accademici quali Laurent Cordonnier dell'Università di Lille e Jan Cremers dell'Università di Tilburg, di Michelle Teresa Leighton, direttore del servizio di migrazioni del lavoro dell'Oil.
La dichiarazione di Roma, che la conferenza approverà, dovrà contenere un programma di lavoro e una indicazione di obiettivi all'altezza della grande prova che è di fronte all'Europa e al mondo del lavoro nei prossimi anni. È anche dalla credibilità e dell'impegno del movimento sindacale che passa, senza alcun dubbio, la battaglia per la democrazia in Europa, per il contrasto ai fenomeni di razzismo, di xenofobia, di nostalgie autoritarie e reazionarie, che in tanta parte d'Europa hanno preso piede e si sono affermati elettoralmente e socialmente, con il rischio di compromettere in modo definitivo il sogno europeo.
La Cgil, in coerenza con la sua ispirazione europeista e la sua idea di sindacato dei diritti, di recente concretizzatasi nella grande battaglia su voucher e appalti e nella presentazione della Carta dei diritti universali del lavoro, darà il suo contributo alla discussione sindacale europea e alla definizione della necessaria piattaforma di iniziativa sindacale, perché l'Europa ritrovi la strada oggi smarrita e si rifondi sui valori della democrazia e del lavoro.
Fausto Durante è il responsabile Politiche europee e internazionali della Cgil