Sono circa 600 mila gli studenti universitari fuori sede costretti a sostenere spese che incidono pesantemente sui redditi delle loro famiglie in un mercato caratterizzato da forte irregolarità, elusione ed evasione fiscale. Basti pensare che nel 50% dei casi l'affitto è totalmente in nero, mentre per la quota restante i contratti sono registrati con cifre ben inferiori a quella realmente pagate. Lo affermano la Cgil nazionale, il Sunia (sindacato degli inquilini) e l'Unione degli universitari, che sulla base di questi dati hanno elaborato una guida per orientarsi nella giunga degli affitti. In effetti è forse questa la chiave per il diritto allo studio, se pensiamo che le spese per l'alloggio arrivano sino all'80% del budget stanziato per proseguire gli studi. Non a caso – osservano le tre organizzazioni – negli anni della crisi è tornato in voga il pendolarismo, spesso adottato come unica strategia di sopravvivenza quando non si vuole rinunciare a a investire nella formazione.

Le spese da sostenere in Italia sono le terze più alte d’Europa. Il sistema di diritto allo studio universitario del nostro paese, peraltro, offre posti letto in strutture organizzate solo per il 2% dei fuori sede, contro il 10% di Francia e Germania e il 20% di Danimarca e Svezia. “Siamo consapevoli – affermano Cgil, Sunia e Udu – che nell'ambito di un progetto complessivo di diritto allo studio servono forme più consistenti di sostegno abitativo per gli studenti fuori sede, perciò abbiamo più volte denunciato le carenze di un sistema che non offre un sostegno adeguato a chi parte da una condizione di svantaggio”.

La priorità è ampliare il parco degli alloggi pubblici per studenti in tutte le città universitarie, in particolare in quelle a più alta densità abitativa: “Soluzioni possono essere individuate anche nell'ambito dei programmi volti alla riqualificazione di aree urbane degradate, prevedendo quote di alloggi in locazione per gli gli studenti fuori sede”. Ma è anche necessario “rifinanziare la legge 338/2000 per l'edilizia residenziale universitaria, aumentando gli stanziamenti, semplificando le procedure, perfezionando i criteri esistenti di partecipazione al bando”.

In realtà esiste una normativa che disciplina i contratti per studenti universitari c'è già, ed è la legge 431/98 che prevede il diritto a canoni d'affitto “calmierati” stabiliti da un accordo tra le associazioni di categoria e il Comune, nonché la nullità sia dei patti che prevedono durata e canone diversi da quanto stabilito dalla legge e dagli accordi sindacali, sia di quelli che consentono aumenti illegittimi del canone. La legge è in vigore, ma spesso non viene applicata perché gli stessi studenti ne ignorano l'esistenza. Peraltro, nell'irregolarità, gli studenti si vedono negate opportunità e benefici fiscali che le normative danno se il contratto è sottoscritto e registrato. “È comunque possibile rivolgersi ad agenzie create e controllate dagli enti locali e dalle associazioni di categoria – concludono le tre organizzazioni –. Altrimenti c'è sempre il numero verde della Guardia di Finanza, il 117”.