“Passiamo le giornate a sentirci dire che se non cambia la Costituzione non ci sarà stabilità. Mi pare invece che ci sarebbe una totale stabilità degli organismi di governo anche in caso contrario, da questo punto di vista siamo assolutamente tranquilli. Secondo Confindustria bisogna votare Sì per garantire la governabilità altrimenti arriva la recessione? Devo dire che la fantascienza non ha limiti”. Così il segretario generale della Cgil Susanna Camusso durante un'iniziativa a Bari (qui il podcast su RadioArticolo1) ha esordito nel suo intervento per spiegare i motivi che spingono la confederazione di corso d'Italia a schierarsi per il No. Un discorso incentrato su tre miti da sfatare. Il primo, per l'appunto, è quello del presunto rischio di governabilità se la riforma dovesse essere bocciata. “Il governo – ha osservato Camusso – non è qualcosa di astratto e non dipende dalla Costituzione, dipende dai programmi; la governabilità può essere garantita anche da forze tra loro differenti e la Costituzione è proprio la cornice che garantisce la democrazia, non può essere l'opposto”.

Il riferimento è all'articolo 72. Nella nuova versione non sarà più il Parlamento a decidere tempi e modi delle leggi, bensì l'esecutivo che, in qualunque momento, potrà imporre la propria agenda. “Torniamo un attimo all'articolo iniziale della nostra Costituzione secondo cui siamo una Repubblica Parlamentare – ha spiegato la dirigente sindacale –, qui c'è la garanzia della democrazia. Con la riforma, invece, aumenteranno i poteri del presidente del Consiglio”. In altre parole, “il governo potrà utilizzare il Parlamento, un cambiamento da poco. Con tale modalità, con quella dell'Italia che stava per precipitare nel baratro, si è fatta la riforma Fornero. Un altro esempio? Quanto tempo ci si è messo per fare la legge sul Jobs Act e quanto per quella sul caporalato? Tanto basta per dire che il tema non sono i meccanismi parlamentari, bensì, come sempre, sono i programmi politici e la loro attuazione”. Anche all'interno della Cgil, in un dibattito così importante e trasversale, c'è chi non è convinto di votare No. “Ci siamo interrogati sul perché – ha detto Camusso –, visto che non abbiamo dubbi sui valori comuni. La preoccupazione che c'è è esattamente quella dell'invasione delle cavallette. Ma proprio perché ci può essere questo timore serve il massimo delle garanzie possibili sul funzionamento dei contro-poteri e dell'assetto democratico. Il tema, in poche parole, non è la governabilità, è la certezza dell'assetto dei poteri e dei contro-poteri”.

Il secondo argomento portato in evidenza è la partecipazione delle persone. “Non si voterà più né per le Province né per il Senato. Oggi, un cittadino italiano elegge tutti i livelli istituzionali; dopo, ci sarà una parte delle istituzioni per le quali non è più rilevante il voto dei cittadini. L'assenza del voto diretto è un grande strappo, la funzione delle istituzioni è di essere determinate dal voto dei cittadini”. Sottotraccia viaggia l'idea che “la rappresentanza delle istituzioni locali diventa un coro di sottofondo, non più la funzione fondamentale del governo in relazione con i cittadini. Possiamo noi diventare un Paese centralista con tutte le disuguaglianze che esistono? Qui il rischio è l'allargamento della forbice tra Nord e Sud”.

Poi c'è “la leggenda metropolitana secondo cui con la riforma arriverà una grandissima semplificazione – ecco il terzo tema – e il Paese tornerà di punto in bianco a correre”. Il punto vero, secondo Camusso, "non è il tempo, bensì la moltiplicazione delle norme, come si è visto con la riforma della Pubblica amministrazione, tanto che un cittadino mediamente non sa come muoversi. Ma la modalità con cui si produrrà il nuovo processo legislativo complicherà la vita, anziché risolverla”.

Un'altra recente polemica è portata avanti da chi ricorda che la Cgil è da tempo favorevole al superamento del bicameralismo perfetto. “Certo – sottolinea Camusso –, noi questo lo diciamo da sempre. Ma bisogna leggere anche la frase seguente, in cui diciamo che ci vuole una Camera delle Regioni elettiva con la funzione di governo dei processi regionali. Così come non abbiamo mai detto che il tema è in astratto quello dei costi della politica. La democrazia costa, è la condizione fondamentale che permette a tutti di partecipare, però bisogna avere le risorse. Cambino le regole dei vitalizi e delle retribuzioni, allora parliamo di qualità della politica. Ma una cosa è togliere i privilegi, altro è pensare che la politica si deve fare gratis, perché significa lasciarla a pochi”.

Alla Cgil, scesa in campo, è stato chiesto perché un sindacato debba occuparsi del referendum costituzionale. “Perché abbiamo l'orgoglio e l'onore di sapere che i nostri segretari di allora erano all'Assemblea costituente eletti dal popolo e parteciparono a quella discussione”, risponde Camusso: “A nessuno, in quei giorni, venne in mente che i rappresentanti del lavoro non dovessero partecipare. Se qualcuno oggi pensa che non abbiamo titolo di parlare, forse è lui che sta dimenticando qual è la nostra storia. La progressiva delegittimazione degli interlocutori è il sintomo dell'avvelenamento del clima”.

Infine, la risposta alla domanda più ricorrente, cioè cosa succederà il 5 dicembre. “Non c'è nessun baratro. Se esiste questa sensazione, è solo perché qualcuno l'ha voluta costruire. E ora, non è perché il governo si è messo in questo cunicolo che noi dobbiamo cambiare opinione: abbiamo il dovere e la legittimità di consegnare ai cittadini la risposta, senza condizionarli. Ma non si può dire che se perde il Sì succederanno cose terribili. Il provvedimento degli 80 euro è un caso esemplare: oggi ne sentiamo parlare di nuovo, echeggia nei dibattiti sui referendum con l'idea che se non passa la riforma non ci saranno più. Ma le persone – conclude – devono scegliere sul merito, non in ragione di possibili convenienze”.

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(a cura di Maurizio Minnucci)