A fine ottobre scade la cassa integrazione e la procedura di vendita sul mercato della compagnia aerea, mentre il 15 dicembre termina il prestito ponte di 900 milioni concesso dallo Stato. Le buone performance della stagione estiva, in termini di biglietti venduti, non sembrano sufficienti a scongiurare nuove perdite, tanto che il 2018 si chiuderà con l’ennesimo passivo (l’azienda non ha un bilancio positivo dal 2009), ipotizzato di 500 milioni. Di tutto questo si parlerà venerdì 12 ottobre al ministero dello Sviluppo economico, in un vertice sindacati e azienda, tuttora in amministrazione controllata.

"Abbiamo una serie di necessità da sottoporre al governo", dice Fabrizio Cuscito, coordinatore nazionale del trasporto aereo per la Filt Cgil, intervistato da Rassegna sindacale alla vigilia del primo rendez-vous con l’esecutivo: "La prima richiesta è che venga messo a punto un piano industriale sostenibile, cosa che non si è mai verificata negli ultimi dieci anni. Un piano di sviluppo, ovvero che ci siano investimenti per il rilancio della compagnia aerea, con finalità di lungo raggio, cioè con nuove risorse in termini di flotta e di collegamenti intercontinentali, Questo, ancor prima di tutti i ragionamenti possibili sugli azionisti. Abbiamo vissuto entrambe le esperienze, sia pubbliche sia private, e i risultati sono stati parimenti negativi, perché mancava sempre un piano industriale serio.

Rassegna Partiamo da un punto: i dati positivi dell’ultimo periodo dimostrano l’alta potenzialità della compagnia.

Cuscito Alitalia, se gestita in maniera oculata e con un piano industriale adeguato, può confermarsi fra le migliori al mondo, oltreché un asset industriale importante per il nostro Paese. È ora che il governo valuti attentamente tutte le opportunità che offre il mercato del trasporto aereo italiano - uno dei più importanti al mondo, con dati di traffico in costante aumento - e svolga un ruolo attivo e duraturo nella costruzione della nuova Alitalia.

Rassegna Sul fronte del lavoro si ipotizzano nuovi tagli al personale, dopo tre pesanti ristrutturazioni aziendali, adottate dalle diverse gestioni che si sono susseguite dal 2008 a oggi e che hanno causato l’uscita di oltre 10 mila dipendenti.

Cuscito La questione occupazionale è ovviamente legata al piano industriale di sviluppo. Attualmente in Alitalia abbiamo 1.480 lavoratori in cassa integrazione, in scadenza il 31 ottobre, questione per la quale siamo già stati convocati il 15 ottobre al ministero del Lavoro. Ricordiamo che la cassa integrazione è possibile perché nel trasporto aereo abbiamo un fondo straordinario di sostegno. A fine anno scade anche l’addizionale comunale sui biglietti - si tratta di tre euro a passeggero - che dovrebbe passare dal Fondo all’Inps. È un altro argomento prioritario per noi, che dobbiamo affrontare al tavolo con il governo, perché la cassa integrazione va alimentata e va proseguita, ma se non c’è la sostenibilità del Fondo andiamo in difficoltà. Le ricette adottate dalle varie gestioni nell’ultimo decennio di taglio del perimetro aziendale, in termini di flotta e forza lavoro, si sono dimostrate fallimentari ed è ora di accantonarle.

Rassegna Da parte governativa si parla non solo di salvataggio, ma anche di nazionalizzazione della compagnia aerea. Nel progetto dovrebbero essere coinvolti Ferrovie dello Stato, Cassa depositi e prestiti, Poste italiane e il ministero dell’Economia e delle finanze, per una dotazione azionaria complessiva di circa due miliardi. Si parla poi dell’entrata di un nuovo socio straniero nel nuovo assetto azionario, con una quota oscillante tra il 20 e il 30 per cento. Qual è la tua opinione in proposito? 

Cuscito Innanzitutto, ci vuole una congrua immissione di capitali per arrivare a una copertura finanziaria di almeno due miliardi. Deve partire una rivalutazione complessiva del capitale per avviare il piano di salvataggio. Sulla nazionalizzazione, non siamo contrari in linea di principio. Ci battiamo per una soluzione strutturale di lungo periodo per far uscire Alitalia dalla crisi. Nel mercato globalizzato il gruppo non può farcela da solo: ci vuole un partner straniero, anche se le esperienze passate si sono dimostrate negative. In primo luogo, la compagnia aerea deve funzionare ed è indispensabile una partecipazione dello Stato che garantisca il controllo su gestione, network e sistema di regole del trasporto aereo. Per intenderci: si guardi a ciò che fa Ryanair, che non ha mai applicato il contratto nazionale del settore e pratica una concorrenza sleale rispetto alle sovvenzioni statali di cui usufruisce da parte degli aeroporti italiani. Non può esistere una concorrenza seria se non si rispettano le normative su adempimenti fiscali, salute e sicurezza, lavoro.

Rassegna Piloti e assistenti di volo aderenti alla Fnta (la nuova federazione nazionale del trasporto aereo che riunisce le associazioni di categoria di settore, come Anpac, Anpav e Anp) minacciano il ricorso allo sciopero per il 31 ottobre e parlano di situazione pericolosissima e preoccupante, e di crisi sempre più profonda per Alitalia.

Cuscito Anche noi siamo molto preoccupati per il quadro complessivo in cui versa Alitalia, ma siamo anche pronti a lavorare con chiunque anteponga le prospettive industriali al taglio indiscriminato del lavoro. Anche perché gli anni hanno dimostrato che il costo del lavoro non è il problema del gruppo: basti pensare che gli stipendi dei 12.500 addetti sono i più bassi a livello europeo rispetto alle grandi compagnie, e in linea con quelli di low cost come Easy Jet, per un costo totale del 19 per cento. Per non parlare dei contratti, nazionale e aziendale, entrambi scaduti da anni e poi prorogati, e degli scatti di anzianità anch’essi bloccati.