Marco Paolini e Marco Baliani, noti per le loro “orazioni civili” su Ustica o Aldo Moro, come se un filone – quello del one man show– si fosse esaurito, sperimentano altre vie per ribadire l’impegno che caratterizza il loro lavoro. Baliani affronta La pelledi Curzio Malaparte: autore discusso di un testo complesso. Cosa può esserci in un romanzo vituperato e datato, dalla forma e dalla struttura ostili alla trasposizione teatrale, da meritare, oggi, la scena? Eppure Baliani ha visto giusto, perché nel suo adattamento riesce ad attualizzare e universalizzare un testo e un argomento circoscritto in un “qui” e “ora” molto precisi. L’Italia del primo dopoguerra, l’euforia della liberazione e della ricostruzione con il loro necessario carico di violenza, l’identità e la patria, il rapporto tra America e Europa, l’orrore della guerra, della miseria, nei corpi esibiti, straziati, venduti. Il tutto allestito per quadri, grazie anche a una efficace intuizione visiva, per frammenti e prove d’attore. Essendo uno spettacolo, così come un romanzo, costruito per “quadri”, è comprensibile che ne risulti un lavoro dalla tenuta non sempre perfetta, che alcune immagini colpiscano più di altre: così se appaiono stanche le tracce napoletane del testo, da Pulcinella alle marionette, dure e feroci risultano le parti più visionarie, come la danza con la morte e la cena dove i nobili si interrogano tra una porcellana e un’altra se sia il caso di mangiare una sirena oppure no.

Marco Paolini parte dallo stesso momento, in un altro luogo: il dopoguerra e la liberazione del nord Italia, dove il ventre scoperto dal conflitto è meno purulento di quello napoletano e dove la spinta alla ricostruzione è più rapida e ottimista, anche grazie a un diverso registro stilistico del regista-attore. Paolini costruisce il suo spettacolo sempre per quadri, raccontando per brevi tratti vite e lavori al ritmo di una ballata: le musiche dei Mercanti di Liquore non solo accompagnano lo spettacolo, ma ne costituiscono l’ossatura, il controcanto, l’altra voce di un dialogo che sempre alterna il racconto dilatato alla sintesi della canzone. L’annus horribilis per Paolini è il 1979, quando la Thatcher inizia a smantellare l’idea di welfare e di società aprendo al liberismo: sono gli anni che hanno visto la crisi energetica vanificare i risultati della ricostruzione, in cui la Sony con il walkman inventa l’individualismo di massa, e il bancomat, “icona del nostro tempo, apre l’accesso a un mondo di debiti chiamato crediti”.

I miserabili. Io e Margaret Thatcher, nasce dalla collaborazione tra Marco Paolini, i Mercanti di Liquore e lo scrittore Andrea Bajani che qualche anno fa pubblicò per Einaudi l’inchiesta-pamphlet Mi spezzo ma non mi impiego sul nuovo mondo del lavoro interinale e precario, dove le agenzie di collocamento sembrano agenzie di viaggi, con le stesse offerte temporanee, e dove si tenta di smascherare l’ipocrisia del neoliberismo propagandistico e trionfante. Da questo incontro è iniziato il lavoro che ha portato alla realizzazione dello spettacolo, che mette certo tanti temi sul tavolo e forse non tutti li risolve con la stessa efficacia, ma che coinvolge e rapisce lo spettatore. I Miserabilidi Victor Hugo e di Marx, che sporcavano con la loro miseria le strade all’alba della Belle Epoque e del progresso, sono oggi tornati per strada: non sono solo i poveri, sono quelli che hanno rinunciato, che si sono rassegnati. Sono gli stessi che affollano le strade di Napoli e di Malaparte: strade di ieri, della provincia italiana periferica e in macerie, e strade di oggi, della provincia che siamo rimasti. L’Italia raccontata da Baliani e da Paolini nasce con il dopoguerra, prende poi strade diverse – quelle del racconto e del punto di vista –, torna al giorno d’oggi, dove la miseria non è più la stessa ma non è più lo stesso nemmeno il paese, diventato un’Italia globale, dove tutte le miserie, le povertà e le guerre oramai si assomigliano, dove l’identità calpestata di allora è la stessa di oggi.

Marco Baliani, La pelle di Curzio Malaparte. In scena al teatro Valle di Roma fino al 18 gennaio e poi in tournée.
Marco Paolini e i Mercanti di Liquore, I miserabili. Io e Margaret Thatcher. In scena al teatro Argentina di Roma fino al 18 gennaio e poi in tournée