L'articolo che segue è tratto dal n.4/2020 di Idea Diffusa, il mensile a cura dell'Ufficio lavoro 4.0 della Cgil realizzato in collaborazione con CollettivaClicca qui per leggere tutti gli articoli di questo numero dedicato alle smart cities., le città intelligenti.

La strategia delle trasformazioni delle città, soprattutto di grandi dimensioni, in città intelligenti (2010), con l’impiego delle tecnologie informatiche e di comunicazione (Ict), si è via via arricchita di contenuti ed esperienze che traguardano molti settori e comparti di produzione e di servizio. Oggi, la strategia della rigenerazione urbana comprende l’idea dell’impiego delle nuove tecnologie alle abitazioni e ai servizi, ma allarga l’orizzonte alla necessità di ripensare (‘ri-generare’) le città grandi e piccole, a partire non solo dallo stato di scarsa manutenzione (riqualificazione) e di riproduzione fuori da un disegno urbanistico delle periferie (consumo del suolo), ma dalle esigenze delle persone che le abitano, ovunque le abitino. Esigenze che non trovano tutte le risposte nell’uso delle Ict.

Due salti concettuali e un’improvvisa accelerazione della realtà hanno fatto percepire l’importanza, ma anche la parzialità dell’approccio ‘smart’. Il primo salto è stato favorito dall’elaborazione nel 2015 della piattaforma Onu per lo sviluppo sostenibile che, fra l’altro, prevede un pacchetto consistente e largo di obiettivi per la sostenibilità delle città, a partire dalle condizioni delle abitazioni, dei servizi e dai bisogni dei cittadini. Il secondo salto è necessariamente quello del cambiamento climatico e dell’acuirsi delle questioni ambientali (con un peggioramento che parte dalle città che sono i centri di maggior consumo di energia e di maggior produzione di anidride carbonica). Queste due implementazioni concettuali, derivate dall’evolversi negativo della situazione del pianeta, hanno riscritto la griglia delle priorità dell’intervento pubblico e privato di innovazione, collocando ad esempio la sicurezza della città prima della sua “intelligenza” e rimettendo il tema del verde tra i primi posti in termini di necessità ‘vitali’, piuttosto che non solo di miglioramento estetico urbano.

Sulla base di queste innovazioni, ancora oggi più culturali che politiche, purtroppo, si sta diffondendo anche in strati larghi della società, oltre che fra i professionisti, una strategia di rigenerazione molto ampia che prende in esame, per la prima volta da molti decenni, l’idea di una programmazione urbanistica che parta dalla domanda sociale e green (dai bisogni delle comunità), piuttosto che non dal prodotto edilizio o dalle tecnologie in sé. I nuovi materiali, l’uso delle materie prime seconde, l’efficientamento energetico degli edifici, un’energia rinnovabile, le tecnologie domotiche, le comunicazioni diffuse e facili, i servizi di quartiere, sono gli strumenti da cui far partire un’ampia strategia di rigenerazione delle abitazioni e delle infra-strutture. Le Ict sono certamente impiegabili e utili, ma non sono ‘la soluzione’ in sé per ogni tipo di bisogno.

Di recente, la Fillea ha costituito l’Associazione Nuove ri-generazioni. Abbiamo sintetizzato questi concetti nell’idea che lo sviluppo sostenibile del nostro Paese (e forse dell’Ue) si basi sul rilancio di due welfare: il welfare (benessere) delle persone e il welfare (benessere) del territorio. E che le politiche, invece che perdersi in un ventaglio di obiettivi difficilmente sintetizzabili in un insieme preordinato, debbano concentrarsi sulla definizione di un Social new deal e di un Green new deal come indirizzo che il pubblico dà al Paese per la creazione di nuovi mercati interni (nuove imprese e nuovo lavoro).

L’emergenza da Covid 19 ha impresso una forte accelerazione a tutti i punti critici già esistenti non solo nel nostro Paese. Nel giro di pochi mesi si sono manifestate non solo una situazione di emergenza mai conosciuta prima, ma una vera e propria crisi economica non congiunturale (con caduta del Pil e dell’occupazione ancora difficili da quantificare per entità e durata), affiancata da una crisi sociale che ha moltiplicato a dismisura le disuguaglianze già esistenti tra strati sociali diversi e di diverse età dentro lo stesso strato sociale. A questa destabilizzazione si è affiancata anche una disconnessione istituzionale che ha mostrato come la cosiddetta “autonomia differenziata” nel nostro Paese ci sia già e che essa non corrisponde a maggior qualità dei servizi erogati ai cittadini anzi, al contrario, generi un caos politico e gestionale degli stessi. A partire dalla cura della salute e dal sistema sanitario.

La Fillea, in coerenza con queste considerazioni, purtroppo molto oggettive, ha rideclinato le sue proposte, immaginando una rigenerazione urbana che parta dai bisogni delle persone più colpite (anziani, donne e bambini) che non hanno avuto in questi mesi il necessario supporto in termini di sicurezza, istruzione, occupazione, reddito, assistenza, ecc. La risposta a questi bisogni ormai primari e diffusi non è immaginabile se non si riprogetta e si rigenera la forma stessa delle città e dei quartieri: le abitazioni, le dimensioni, le modalità, i servizi dell’abitare, con esperienze, rivolte ai giovani e agli anziani, di cohousing e senior housing. E se non si riconquista lo spazio esterno alle abitazioni come spazio urbano di comunità, vivibile, inclusivo, culturalmente ricco, e dotato di servizi privati e pubblici. Anche per questo motivo la Fillea e l’Associazione Nu Ri-Ge hanno avviato un percorso di collaborazione fattiva con altre associazioni, lo Spi Cgil e le Camere del lavoro, con l’obiettivo di preparare vertenze territoriali-pilota su queste materie (a partire dalle undici vertenze territoriali già definite) e confronti di concertazione con gli enti di governo (Comuni, Aree vaste, Città metropolitane, Regioni), in una logica di sussidiarietà e maggiore omogeneità territoriale.

A cura del Dipartimento politiche del territorio della Fillea Cgil nazionale