L’Agenda Onu 2030, quadro di riferimento per lo sviluppo sostenibile, ha proposto una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo, sul piano sociale, economico e ambientale. La necessità di rispondere con concretezza alle grande sfide che abbiamo di fronte, va tuttavia di pari passo con quella dell'enorme ritardo delle politiche necessarie, rispetto agli obiettivi da raggiungere e agli impegni presi. 

Eventi anche recenti ne sono la dimostrazione. Gli effetti dei cambiamenti climatici che leggiamo nei fenomeni di siccità, incendi, inondazioni e negli effetti moltiplicatori su altre criticità e fragilità del territorio; la stretta connessione tra salute, ambiente, clima, società ed economia emersa con l'emergenza sanitaria legata alla pandemia, la vulnerabilità economico-finanziaria e gli effetti sul benessere delle persone che emerge ora con la guerra in Ucraina e la crisi dei prezzi dell’energia - iniziata in realtà ben prima della guerra - dimostrano la validità della direzione individuata nel 2015. Se avessimo infatti agito con maggiore decisione, avremmo sicuramente non evitato, ma almeno assorbito meglio, alcuni degli shock che ci stanno colpendo.

Il ruolo dei contesti urbani

In questa direzione è evidente come nei contesti urbani si giochino molte delle sfide di sostenibilità. Contribuiscono significativamente ai problemi del cambiamento climatico e del sovrasfruttamento delle risorse, in contrasto con i fattori di sostenibilità ambientale: controllo dell’uso del territorio, mobilità sostenibile, uso razionale di acqua e energia, qualità dell'aria, economia circolare, gestione virtuosa dei rifiuti, riduzione dei fattori inquinanti. Risulta allora altrettanto evidente come Città e governi locali assumono un ruolo determinante per raggiungere gli obiettivi dello sviluppo sostenibile.

Non a caso a novembre 2021 la Commissione europea ha selezionato, indirizzando fondi, 100 città, tra cui 9 italiane (Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma, Torino) che dovranno raggiungere la neutralità climatica entro il 2030. Recentemente è stato anche raggiunto un accordo dal Consiglio europeo per rendere più stringente la direttiva sul rendimento energetico in edilizia, prevedendo che tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero entro il 2030, quelli già esistenti entro il 2050, con alcune eccezioni e tappe intermedie. 

Tuttavia, se l'obiettivo è quello di rendere le città più inclusive, sicure, resilienti e sostenibili, come previsto proprio dell’Agenda 2030, è necessario innanzitutto superare il lungo periodo delle politiche settoriali, raramente integrate nel contesto territoriale, nell’ambito di una cornice guidata dagli obiettivi e privilegiando una visione che possa dare qualità alla continuità amministrativa, richiamando la misura dei risultati. 

Centralità a persone e lavoro

Una strategia necessaria, orientata alla sostenibilità che, partendo dalla realtà locale, in un quadro di riferimento condiviso, integrando azioni e attori, dia centralità alle persone e al lavoro, grande emergenza del Paese, in una logica anche di inclusione e avanzamento collettivo. Il tema della sostenibilità urbana fa parte dell’elaborazione della Cgil: è stato inserito nella Piattaforma integrata Cgil del 2018, nei lavori unitari del 2019 e del 2020 (il documento per lo sviluppo sostenibile, la Piattaforma per le città sostenibili, quella sulla Giusta Transizione, il Documento Rigenerazione urbana e Politiche abitative nella Next Generation Eu).

Proprio perché nei territori e nelle città, si apre lo spazio più adatto per le proposte operative, essendo luoghi di sintesi delle scelte, delle politiche e di finanziamenti convergenti a obiettivi integrati, ed essendo, gli enti locali, soggetti attuatori e destinatari diretti di risorse. 

Per il Pnrr, l’ultimo monitoraggio Anci - luglio 2022 – sulle misure che vedono Comuni e/o Città Metropolitane tra i soggetti attuatori, stima 25 investimenti e 12 sub investimenti articolati su 9 componenti. A questi si aggiungono 4 investimenti a valere sul Fondo complementare, per un ammontare di risorse pari a circa 40 miliardi di Euro. Di questi un’ampia quota, in varie missioni, va nella direzione della transizione ecologica. Scontando tuttavia alcuni limiti.

I limiti del Pnrr

Innanzitutto una frammentazione delle linee di intervento progettuale e di alcune necessarie politiche di riferimento, necessarie per orientare gli interventi. Inoltre la logica dei bandi che rende complessa una sintesi a livello locale per orientare stanziamenti e progetti verso obiettivi convergenti. Ma si scontaanche altro.

L’Ocse ha stimato che circa il 60% dei 169 target degli Sdgs non saranno raggiunti senza un coinvolgimento dei governi subnazionali, in una governance multilivello. Ne sono esempio le tante strategie regionali e agende territoriali per lo sviluppo sostenibile che dovrebbero essere integrate nella vita amministrativa degli enti locali, attraverso strumenti sui quali incardinarne gli obiettivi, permettendo di costruire un quadro di coerenza delle politiche e la rendicontazione dell’attività in termini di impatto sulla sostenibilità dello sviluppo.

Nell’iniziativa del 27 ottobre sulle città in transizione abbiamo proposto alcune lenti di osservazione.  Il tema della mobilità sostenibile, fondamentale per la transizione ecologica, dove le proposte della Cgil sono orientate a investimenti e azioni proprio a partire dalle città, potenziando il trasporto pubblico e rinnovando il parco mezzi con l’introduzione di veicoli elettrici; ma prevedendo anche investimenti pubblici in infrastrutture ferroviarie (nuove e di adeguamento) sia per decongestionare i grandi centri, sia per riconnettere grandi polarità con i centri minori, soprattutto delle aree interne.

Il ruolo della contrattazione

Centrale anche il tema delle comunità energetiche rinnovabili, per contribuire all’azione climatica, alla riduzione dei costi energetici, alla competitività delle imprese, alla riduzione della dipendenza energetica nazionale, al contrasto alla povertà energetica, allo sviluppo del territorio e alla rigenerazione urbana, anche in ottica di costruzione di un’identità collettiva e solidale. La Cgil è impegnata nella contrattazione aziendale nei posti di lavoro, nella contrattazione con gli enti locali per la creazione di comunità energetiche sui territori, ma anche con un’azione diretta per la creazione a partire dalle nostre sedi insieme con cittadini e altri soggetti vicini.

Poi c'è la questione della qualità urbana, dove assumono maggiore centralità i processi rigenerativi, che pur scontando l’assenza di una legge nazionale, devono essere un obiettivo strategico nella pianificazione degli enti locali, col fine di migliorare la qualità degli insediamenti e il benessere delle comunità. E allora è per noi vincolante il perseguimento di finalità sociali, anche in risposta ai bisogni abitativi, così come gli elementi che perseguono obiettivi di miglioramento ambientale.

La Cgil ha pensato anche a una declinazione particolare: il punto di vista delle donne che misurano con forza spazi, tempi, servizi, trasporti. Il Cesi ha elaborato un questionario che verrà somministrato a Napoli come prima sperimentazione e che potrà essere riproposto in altre realtà. L'obiettivo è individuare possibili linee di azione per la contrattazione ritenendo che gli aspetti della vita quotidiana dei diversi “fruitori”, devono essere elementi fondanti nei processi di pianificazione e nelle scelte che riguardano città e territorio, pensati da sempre in modo “neutro”.

Rilanciare le vertenze urbane

La Cgil rilancia un percorso di “vertenze urbane” che partano dai bisogni della popolazione urbana, individuando priorità e interventi possibili, per un confronto e un’interlocuzione con gli enti locali.  Noi tuttavia, soprattutto in questa fase, caratterizzata da un'ingente mole di risorse spesso utliizzabili attraverso bandi, ci confrontiamo spesso con programmi già definiti, termini di presentazione delle domande di finanziamento scaduti e progetti già individuati. 

È fondamentale un confronto con gli enti locali, sia in relazione al monitoraggio dell’attuazione degli interventi, ma anche al fine di verificare la possibilità di integrare l'esecuzione dei progetti con componenti che, scaturendo da un'attenta analisi dei bisogni, possano contribuire a inserire gli interventi stessi in un processo di rigenerazione del territorio e reale sostenibilità urbana.  Questo è uno spazio che si può aprire e che può produrre un percorso di riforme normative, se la sperimentazione attuata su alcune realtà ha successo.

Laura Mariani è responsabile dell’Ufficio Politiche abitative e dello sviluppo urbano della Cgil

-> SPECIALE IDEA DIFFUSA n.03/2022 LE CITTÀ NELLA TRANSIZIONE