PHOTO
Sabato 15 novembre è stata la giornata del movimento per la giustizia climatica. Dopo anni, in cui i paesi che ospitavano la conferenza sul clima (Egitto, Emirati Arabi Uniti, Adzerbajan) avevano impedito le marce per il clima, il protagonismo del movimento ha ripreso le strade. Non sappiamo ancora quali saranno gli esiti di questa conferenza ma di sicuro lascerà un segno.
I manifestanti indigeni che ha sfondato il sistema di sicurezza e sono entrati nella blu zone, rivendicando il diritto delle popolazioni originarie a partecipare ai negoziati, quelli che il giorno dopo hanno bloccato l’accesso ai negoziati, l’orgoglio e la resistenza delle popolazioni indigene che non si sono arrese al colonialismo, all’espropriazione delle proprie terre, al tentativo di sradicarne tradizioni e cultura e questi giorni sono state protagoniste indiscusse del movimento, ci hanno trasmesso una potenza straordinaria.
Una marcia grandiosa, un fiume di gente, un intreccio armonioso di difensori della terra, della giustizia climatica e sociale. I messaggi che vengono dalla strada sono un programma di lavoro e una denuncia: Il collasso ambientale è capitalista, la transizione con il petrolio in Amazzonia è una farsa. No alla finanziarizzazione della natura. False soluzioni, crimini reali. Non c’è giustizia climatica senza la liberazione della Palestina. La gente chiede conto. Le soluzioni nascono dai territori. Senza casa non c’è giustizia. Senza giustizia climatica non c’è giustizia sociale. Terra e cibo per i popoli non per i profitti. Vogliamo le favelas al centro delle decisioni climatiche.
Il greenwashing non è giustizia. Il marco temporale distrugge il popolo. La risposta siamo noi. E il più potente: “il futuro è ancestrale” che risponde alla devastazione capitalista e coloniale che ha prodotto la crisi ecologica, politica, sociale e democratica che stiamo vivendo con un modello alternativo di futuro. Alternativo al presente di sfruttamento, oppressione, antropocentrismo, un futuro di connessione con la terra, i fiumi, le altre creature, un futuro che difende la vita e la naturaleza. Un futuro che guarda al bene comune, a politiche pubbliche per il benessere delle persone, alla pace e al lavoro.
Domani torneremo a parlare di finanza, di tecnicalità, di fondo per le Foreste Tropicali per sempre, di meccanismo per la giusta transizione, mitigazione, adattamento, Belem Action Mechanism, e Global Stocktake. Non sappiamo ancora se la conferenza riuscirà a produrre qualcosa di positivo, di sicuro c’è una distanza abissale fra le posizioni politiche dei Paesi, anche di quelli più progressisti, e l’azione concreta segnata ancora da un sistema capitalista, predatorio, estrattivo che ci sta condannando a morte. Domani parleremo di nuovo di tutto questo, oggi coltiviamo la speranza, l’emozione e la potenza di un movimento che vive, resiste e lotta per un futuro migliore.
Simona Fabiani è responsabile Politiche per il clima, il territorio, l’ambiente e la giusta transizione Cgil nazionale




























