Alla buvette di Montecitorio è arrivato il gelato artigianale. Sei gusti selezionati con la cura di un conclave gastronomico, tutti senza glutine, anche vegani, venduti in coppette da tre e cinquanta o quattro e cinquanta. L’idea è del deputato di Fratelli d’Italia Trancassini, che l’ha proposta come prova d’amore per l’eccellenza nostrana. Il Collegio dei questori l’ha quasi benedetta, con un solo voto contrario a ricordare che qualche palato critico resiste ancora.

Il dettaglio del gelato parrebbe materia da cronache leggere ma nel Palazzo niente è mai solo ciò che sembra. Qui la coppetta diventa una dichiarazione di stile, un rito di velocità per chi vive di atti rapidi e responsabilità più indigeste del pistacchio. Il cono è stato scartato perché troppo ingombrante. Meglio qualcosa che si scioglie silenzioso, come certe posizioni politiche che evaporano prima di affrontare il caldo del dibattito.

L’offerta arriva infatti mentre altrove si litiga sui grandi temi e la sincronia stona con eleganza. Nel bar dei dipendenti restano i gelati confezionati, reliquie di un’altra Italia che non si concede troppi vezzi. A pochi metri di distanza, invece, i deputati scoprono il fascino dell’artigianale, quasi fosse un esercizio di rinascita morale servito a cucchiaiate.

Ogni gusto sembra evocare una corrente. Il mango per gli ottimisti, il limone per i realisti, il caramello salato per chi ama i contrasti quanto certe maggioranze improvvisate. La nocciola come medaglia al merito, il fondente come tributo alla gravità istituzionale. Un piccolo menù che racconta più di molti resoconti ufficiali, perché svela la voglia di leggerezza in un luogo dove spesso si vola basso anche senza zuccheri.

Resta l’impressione che questa trovata serva soprattutto a rassicurare il Palazzo. Se il Paese brontola, almeno la buvette sorride. Quando il clima politico diventa rovente, Montecitorio si consola così. A colpi di coppette. E il dibattito, quello vero, resta nel freezer.