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E alla fine spuntò il condono edilizio. In una delle peggiori manovre che si ricordi ci chiedevamo quando lo avrebbero tirato fuori, perché alla galleria degli orrori finanziari proposta da Meloni & co. per il 2026 mancava davvero solo questo. E puntualmente è arrivato l’emendamento, con un tempismo perfetto, a una manciata di giorni dal voto in Campania.
Cosa succede se l’emendamento passa?
L’emendamento, firmato dai senatori Matteo Gelmetti e Domenico Matera di Fratelli d’Italia, riapre, di fatto, la possibilità di sanare opere edilizie realizzate senza titolo abilitativo ma che siano conformi alla normativa urbanistica vigente al 31 marzo 2003.
Breve storia dei condoni edilizi in Italia
In Italia sono stati approvati tre condoni edilizi principali. Il primo nel 1985, disciplinato dalla legge numero 47, lo dobbiamo a Craxi. Gli altri due, del 1994 – legge numero 724 – e del 2003 – legge numero 326 – li dobbiamo a Berlusconi. Con una cadenza regolare, ogni nove anni, si ripresentava la stagione dei condoni, provvedimenti straordinari che hanno permesso di regolarizzare abusi edilizi commessi entro determinate date, indicati dalle leggi, con limiti e requisiti che variavano per ciascun condono.
Caso Campania
La Regione Campania, allora guidata dalla giunta di centrosinistra di Antonio Bassolino, non approvò una legge regionale per il condono edilizio del 2003. Negò invece l’applicabilità della normativa nazionale con delibere del 2003 e la successiva Legge Regionale n. 10/2004. Ciò ha impedito ai cittadini campani di beneficiare della sanatoria prevista dal governo nazionale, nonostante la Corte Costituzionale abbia poi dichiarato l’illegittimità delle decisioni regionali. E questo è il motivo per cui oggi sono in tanti ad accusare la maggioranza di tirare fuori il condono come “voto di scambio” alla vigilia di regionali cruciali non solo per il territorio ma per gli equilibri della maggioranza.
Landini: “Il condono è uno schiaffo in faccia a chi paga le tasse”
La posizione della Cgil è chiarissima ed è la stessa da sempre. Perché i condoni fanno danni a monte e a valle. Permettono a chi ha compiuto un abuso di regolarizzarlo risparmiando e insegnano a tutti gli altri che in questo Paese non rispettare le regole alla fine conviene perché “fatta la legge, trovato l’inganno”, come si suol dire. Ecco perché, ancora una volta, il giudizio del segretario generale, Maurizio Landini, è durissimo: “Il condono? Uno schiaffo in faccia a chi paga le tasse, l’opposto di ciò che si dovrebbe fare”.
No alla patrimoniale e sì al condono. La sintesi di un governo mai così distante dalle persone. E intanto la Meloni saltella gridando cori da stadio
Nello specifico, questo condono – qualora venisse approvato – è l’ennesimo segnale che al peggio di ciò che può fare il governo Meloni non c’è mai fine. Dopo il no alla patrimoniale, il sì al condono delinea, una volta di più, una manovra che premia i ricchi e i furbi. E l’atteggiamento beffardo della presidente del consiglio conferma una distanza mai così ampia tra i “palazzi del potere” e le persone che per vivere hanno bisogno di lavorare, quelle che spesso non arrivano alla fine del mese o non riescono neanche a curarsi, offesi con la storia dello sciopero generale del 12 dicembre al quale aderirebbero solo per farsi un “weekend lungo” da una figura che incarna la guida del potere esecutivo e solo poche ore fa, insieme a molti dei suoi ministri, saltellava allegramente su un palco gridando cori da stadio. Manovra disastrosa e governo imbarazzante, quale sarà la prossima puntata?

























