Il Tribunale di Bari, con sentenza del 6 aprile 2022, si pronuncia su un tema ormai di stringente attualità, consolidando un orientamento giurisprudenziale già dominante. La questione portata in giudizio riguarda l’effettiva e concreta rappresentanza dei lavoratori in sede di sottoscrizione dei verbali di conciliazione in sede sindacale.

Nel caso specifico, il Tribunale di Bari rileva l’illegittimità dell’atto transattivo proprio perché il lavoratore era stato “assistito” da un funzionario sindacale che non poteva rivestire il ruolo di rappresentante. Dalla prova testimoniale era emerso, infatti, che il lavoratore non era iscritto alla sigla sindacale che lo aveva assistito. Il lavoratore, su pressione del datore di lavoro, era stato spinto a firmare una conciliazione cosiddetta “tombale”, con la quale rinunciava a crediti afferenti i differenziali retributivi per ore di lavoro straordinario e la maturazione di ferie non godute.

La sentenza è il frutto di una articolata attività dell’Ufficio vertenze che apre le porte alla valorizzazione della rappresentanza sindacale “di qualità” a discapito di forme di assistenza che poco o nulla incidono sulla concreta tutela dei diritti dei lavoratori.

Dunque, come si evince d'altronde dall’art 2103 del Codice Civile, solo il sindacato espressamente e formalmente riconosciuto dal lavoratore in sua rappresentanza può legittimamente sottoscrivere un accordo transattivo, garantendo cosi la possibilità di dirimere le controversie di lavoro solo davanti a un conciliatore designato dal sindacato a cui il lavoratore è iscritto, al fine di dare giusta assistenza e tutela alla parte debole del rapporto di lavoro. 

È fondamentale rimarcare la disposizione del Codice poiché, come emerso anche nella decisione del Tribunale di Bari, molto spesso accade che rappresentanti di altre sigle sindacali, designati come conciliatori, si prestino a pratiche illegittime e fermamente condannate dalla Cgil. 

Si tratta di casi in cui il lavoratore, oltre a non essere iscritto all’organizzazione sindacale firmataria del verbale, non solo non riceve le opportune spiegazioni ma, viene sottoposto a “pressioni” che lo inducono (o meglio, costringono) a sottoscrivere questo tipo di verbali. 

La pratica illegittima si realizza soprattutto in quei casi – invero, non rari – in cui i verbali non vengono sottoscritti in sede protetta. Non di rado, addirittura, accade che i lavoratori siano costretti a sottoscrivere gli accordi sul luogo di lavoro, dove il lavoratore si trova in un oggettivo stato di soggezione, subdolamente mascherato dalla presenza di un sindacalista “di comodo”, che è funzionale per il datore di lavoro a evitare qualsiasi domanda da parte del lavoratore volta a ottenere delucidazioni relative al contenuto dell’atto e alle rinunce che lo stesso dispone. Il lavoratore, illegittimamente assistito, si trova nella scomoda (e ben ordita) situazione di apporre la propria firma sul verbale transattivo al fine di scongiurare ripercussioni di qualsiasi natura sul proprio posto di lavoro, inconsapevole degli effetti della transazione.

Si tratta, dunque, di una prassi ormai ben nota e stigmatizzata dall’Ufficio vertenze della Cgil di Bari che, in diverse occasioni, anche attraverso la segnalazioni all’Ispettorato territoriale del lavoro, ha impugnato i verbali in ragione del venir meno del presupposto di effettiva validità dell’atto transattivo, quale la mancata iscrizione del lavoratore all’organizzazione di rappresentanza che lo ha assistito in sede conciliativa.

La sentenza ha dato lustro all’attività che gli uffici vertenze prestano quotidianamente sul territorio, mettendo al servizio dei lavoratori la propria disponibilità e competenza, con l’obiettivo ben saldo di garantire loro una tutela adeguata. Essa rappresenta un risultato considerevole a favore dei tanti lavoratori che spesso si trovano nella difficile posizione di dover scegliere tra la salvaguardia del posto di lavoro, sottoscrivendo un verbale di conciliazione imposto dal datore di lavoro, e la rivendicazione del credito di lavoro vantato (e non ancora corrisposto).

È facile intuire che spesso il lavoratore sia costretto a optare per la prima strada, sottoscrivendo transazioni sindacali, pur senza essere edotti delle implicazioni e delle conseguenze che la conciliazione comporta. Una adeguata assistenza, necessaria a garantire la validità della conciliazione di chi si rappresenta, non deve configurarsi come mera sottoscrizione del solo mandato all’incarico, ma deve concretizzarsi in una tutela effettiva dei diritti del lavoratore che ha scelto, liberamente e autonomamente, l’organizzazione sindacale dalla quale farsi assistere e rappresentare.

Francesca De Leonardis, responsabile Ufficio vertenze Cgil di Bari