È il primo dicembre del 1955. E Rosa Parks rimane seduta. Non si alza. Non lascia il suo posto in autobus a un uomo bianco. Per questo sarà arrestata e incarcerata per condotta impropria e per aver violato le norme cittadine.

Quella notte, cinquanta leader della comunità afroamericana guidati da Martin Luther King si riuniscono per decidere le azioni da intraprendere per reagire all’accaduto, e il giorno successivo incomincia il boicottaggio dei mezzi pubblici di Montgomery, protesta che durerà per 381 giorni.

“Il gesto di Rosa fu l’espressione individuale di una bramosia infinita di dignità umana e libertà. Rimase seduta a quel posto in nome dei soprusi accumulati giorno dopo giorno e della sconfinata aspirazione delle generazioni future”, dirà King.

L’anno successivo il caso arriverà alla Corte Suprema degli Stati Uniti, che il 19 giugno 1956 indicherà, all’unanimità, come incostituzionale la segregazione sugli autobus pubblici dell’Alabama.

Ci vorranno ancora quattro anni perché una bambina nera a New Orleans possa andare a scuola con i bianchi. Era il 14 novembre del 1960, e la scuola era la William Frantz Elementary School di New Orleans. Ruby Bridges, si presenterà in classe scortata da un gruppo di agenti federali, accolti da una folla inferocita, che si ribellava lanciando oggetti contro la bambina.

Ci vorranno ancora sei anni (1962) perché la Corte d’appello degli Stati Uniti ordini all’Università del Mississippi di ammettere James Meredith, primo ragazzo di colore a iscriversi in una università.

Ci vorranno ancora nove anni (1965) per la promulgazione della legge sul diritto di voto dei neri (Voting rights act), la legge che vietò le discriminazioni elettorali su base razziale e che è considerata oggi uno dei risultati più importanti raggiunti dal movimento per i diritti civili.

“La sua vita e le sue azioni coraggiose - disse Barack Obama commemorando la morte di Rosa Parks - hanno ricordato a ciascuno di noi le nostre responsabilità personali nel difendere ciò che è giusto e la verità centrale dell’esperienza americana, che la nostra grandezza come nazione deriva da persone apparentemente comuni che fanno cose straordinarie. La vita di Rosa Parks è stata una lezione di perseveranza. Il suo atto solitario di disobbedienza civile è stata anche la scintilla che ha acceso l’inizio della fine per la segregazione e ha ispirato milioni di persone in tutto il paese e, in ultima analisi, in tutto il mondo a essere coinvolti nella lotta per l’uguaglianza razziale. Mentre onoriamo la vita di Rosa Parks, non dovremmo limitare le nostre commemorazioni a nobili elogi. Invece, impegniamoci a portare avanti la sua lotta, un atto solitario alla volta, e assicuriamoci che la sua passione continui a ispirare come faceva mezzo secolo fa. Questo, a mio avviso, è il modo migliore per ringraziarla per i suoi immensi contributi al nostro paese. Rosa Parks una volta ha detto: ‘Finché ci sono disoccupazione, guerra, criminalità e tutte le cose che vanno a infliggere la disumanità dell’uomo all’uomo, a prescindere c’è molto da fare e le persone devono lavorare insieme’. Ora che è morta, sta a noi assicurarci che il suo messaggio sia condiviso”.

“Come nota personale - aggiungeva il presidente - penso sia giusto dire che se non fosse per quel tranquillo momento di coraggio da parte della signora Parks, non sarei qui oggi. Le devo un grande ringraziamento, così come la nazione”.

Così come tutte e tutti noi.