Ogni anno il 21 marzo, primo giorno di primavera, Libera – e insieme a lei tutte e tutti noi – celebra la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. “Io non so chi sia quella donna minuta seduta accanto a me, vestita tutta di nero, con gli occhi inondati di lacrime – scriveva don Luigi Ciotti ricordando un fatto accaduto durante una cerimonia per l’anniversario la strage di Capaci –. Se ne sta lì composta ad ascoltare gli interventi delle personalità presenti, ma si vede che dentro è tutt’altro che immobile: qualcosa in lei freme, si dibatte per uscire. A un tratto, come per dare sfogo a quella vibrazione segreta, mi afferra una mano stringendola sempre più stretta. Infine il suo turbamento trova la strada della parola. La frase che mi dice sale strozzata dalla gola, combattendo per non sciogliere in singhiozzi il pianto sino a quel momento silenzioso: ‘Perché non dicono il nome di mio figlio? Perché, – ripete di nuovo – non dicono mai il suo nome?’”.

Pochi giorni dopo l’approvazione della legge 109/96, il 21 marzo, si svolge a Roma, in piazza del Campidoglio, la prima Giornata della memoria e dell’impegno per le vittime delle mafie. “Ricordo bene quella giornata – scrive don Ciotti –, l’aria fresca del mattino che via via lasciava il passo a un tepore primaverile. E ricordo i volti un po’ spaesati degli studenti, le facce incuriosite dei giornalisti e quelle abbottonate delle personalità pubbliche, sciogliersi piano piano in un unico sorriso commosso. Segno forse di una comune consapevolezza maturata in quelle ore così intense, seppure nella semplicità della cornice e dei gesti”.

È così che dal 1996, ogni anno, un lungo elenco di nomi scandisce la memoria che si fa impegno quotidiano: il 1° marzo 2017, con voto unanime alla Camera dei deputati, viene approvata la proposta di legge che istituisce e riconosce il 21 marzo quale Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie.

“Il 21 marzo – scrive Libera – è un momento di riflessione, approfondimento e di incontro, di relazioni vive e di testimonianze attorno ai familiari delle vittime innocenti delle mafie, persone che hanno subìto una grande lacerazione che noi tutti possiamo contribuire a ricucire, costruendo insieme una memoria comune a partire dalle storie di quelle persone. È una giornata di arrivo e ripartenza per il nostro agire, al fine di porre al centro della riflessione collettiva la vittima come persona e il diritto fondamentale e primario alla verità, diritto che appartiene alla persona vittima, ai familiari della stessa, ma anche a noi tutti”.

La manifestazione nazionale si svolgerà quest’anno a Roma. “I momenti centrali – riporta il sito dell’organizzazione – si svolgeranno il 20 e il 21 marzo. Mercoledì 20, con il raccoglimento accanto ai familiari delle vittime innocenti delle mafie e la veglia interreligiosa di preghiera. Giovedì 21, con il corteo nazionale e la lettura dei nomi in piazza e i momenti di approfondimento. ‘Roma città libera’ è uno slogan che evoca il capolavoro del neorealismo Roma città aperta: un’opera d’arte che parla di Resistenza e della lotta per la libertà. A ottant’anni dalla Liberazione dell’occupazione nazi-fascista, oggi Roma deve nuovamente aprirsi e liberarsi”.

“Vogliamo tutti un’altra Italia libera delle mafie e dalla illegalità libera dal lavoro sfruttato”, è il testo dello striscione che caratterizzerà la presenza – unitaria – dei sindacati al corteo.

“Per la Cgil e per le forze di progresso – scriveva non a caso Carlo Ghezzi – la lotta alle mafie, alle violenze, a ogni forma di illegalità antica o nuova hanno sempre rappresentato una delle grandi priorità, quasi una precondizione per poter puntare ad avere un ruolo e a svolgere una funzione per uno sviluppo diverso del Paese. Un impegno per il quale sono stati pagati pesanti tributi, che però hanno saputo conferire grande spessore e grande concretezza alla capacità del sindacato di guidare anche nei momenti più difficili, contro la mafia e contro le diverse forme di criminalità organizzata, le forze migliori del Mezzogiorno e dell’Italia”.

Nel secondo dopoguerra siciliano, fra il 1944 e il 1948, i sindacalisti che cadono sotto i colpi della criminalità organizzata sono più di 40. Il 2 marzo del 1948 è ucciso in contrada Raffo, a Petralia Soprana (Palermo), il capolega della Federterra Epifanio Li Puma, mezzadro e socialista. Il 1° aprile viene assassinato a Camporeale, al confine tra le province di Trapani e Palermo, il segretario della Camera del lavoro Calogero Cangelosi, anch’egli socialista. Al centro, nel tempo e nello spazio fra questi due delitti si colloca, il 10 marzo, l’assassinio di Placido Rizzotto, partigiano, socialista, segretario della Camera del lavoro di Corleone e dirigente delle lotte contadine.

Gli atti terroristici contro il movimento contadino e i suoi dirigenti cominciano con l’uccisione di Andrea Raia il 5 agosto 1944, cui fa seguito – poco più di un mese dopo, il 16 settembre – l’attentato a Girolamo Li Causi, segretario regionale del Pci, durante un comizio a Villalba, feudo di don Calò Vizzini.

“Fu quello il mio primo bagno nella mafia del feudo, la mafia che aveva le terre in affitto”, ricorderà anni dopo Emanuele Macaluso, quel giorno presente a Villalba. E gli assalti alle Camere del lavoro della Cgil ancora unitaria, le intimidazioni e i pestaggi dei suoi dirigenti, i primi omicidi proseguiranno negli anni seguenti.

Il 21 dicembre 1946 Nicolò Azoti viene assassinato.

Il 4 gennaio 1947, a Sciacca, provincia di Agrigento, la mafia uccide davanti alla porta della sua abitazione Accursio Miraglia, segretario della locale Camera del lavoro e dirigente comunista.

Il 13 febbraio 1947 a Villabate (Palermo) muore Nunzio Sansone, militante comunista impegnato nella lotta per la riforma agraria, fondatore e segretario della locale Camera del lavoro. Lo stesso giorno a Partinico, sempre in provincia di Palermo, viene ucciso Leonardo Salvia, anch’egli in prima fila nelle lotte per la distribuzione delle terre.

Un tributo di sangue che continua anche negli anni successivi, con l’uccisione, tra gli altri, di Salvatore Carnevale il 16 maggio 1955, Vincenzo Di Salvo il 17 marzo 1958, Pio La Torre il 30 aprile 1982.

“Quale era il nostro convincimento? – affermava Emanuele Macaluso, segretario generale della Cgil Sicilia dal 1947 al 1956, in una bella intervista rilasciata a Rassegna Sindacale in occasione del settantesimo anniversario di Portella della Ginestra –. Che era un prezzo da pagare…”.

Un prezzo pagato da tanti e tante, troppi e troppe, che oggi, come ogni anno, ricordiamo.

“Per occuparsi degli altri – diceva don Ciotti – l’amore è base fragile. Occorre il sentimento di giustizia, un’empatia per le vicende umane, sentire sulla pelle le ferite degli altri che impedisce l’indifferenza, il giudizio, il pregiudizio, frutti velenosi dell’ignoranza (…) Oggi è più che mai urgente una dieta e una bonifica delle parole. Una di queste parole ce l’hanno rubata i ladri di parole: una di queste è NOI”. Perché per NOI – tutte e tutti – sconfiggere la criminalità organizzata, qualsiasi sia il suo nome, è, deve essere, possibile.

“Oggi – diceva ancora – è eretico chi mette la propria libertà al servizio degli altri. Chi impegna la propria libertà per chi ancora libero non è. Eretico è chi non si accontenta dei saperi di seconda mano, chi studia, chi approfondisce, chi si mette in gioco in quello che fa. Eretico è chi si ribella al sonno delle coscienze, chi non si rassegna alle ingiustizie. Chi non pensa che la povertà sia una fatalità. Eretico è chi non cede alla tentazione del cinismo e dell’indifferenza. Chi crede che solo nel NOI, l’io possa trovare una realizzazione”.

E allora buona Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie. A tutte e tutti NOI.