Tra l'uccisione di Emanuel Kighi Namghi, avvenuta a Fermo il 5 luglio del 2016 e la sparatoria razzista a Macerata di sabato scorso sono trascorsi meno di due anni. La campagna strumentale che si è svolta sul tema dell'immigrazione è stata durissima, nonostante che nell'ultimo anno gli arrivi di migranti in Italia siano diminuiti del 34 per cento, in particolare nelle Marche, dove gli immigrati residenti sono calati di più di 1.000 unità dal 2013 a oggi. Un clima d’odio che poi produce tragedie: “Quella di persone ferite per strada semplicemente per il colore della propria pelle – ha ricordato Daniela Barbaresi, segretario generale della Cgil delle Marche nel suo intervento su RadioArticolo1 –. Per un’ora e mezzo la città di Macerata si è trovata a vivere una condizione assolutamente spaventosa, con Traini che circolava per la città sparando 30 colpi di pistola”.

 

Barbaresi ha sottolineato il clima assurdo costruito anche da social, giornali e televisioni “secondo i quali ci sarebbe un’invasione da parte degli stranieri. Un’ipotesi del tutto infondata: nelle Marche e in tutta l’Italia la crisi ha determinato una riduzione della presenza dei cittadini stranieri che vengono da noi per lavorare. Allo stesso modo va assolutamente ridimensionato anche il numero dei migranti richiedenti asilo ospitati nelle strutture della nostra regione: secondo gli ultimi dati della prefettura sono 5.300 persone su un totale di un milione e mezzo di abitanti. Purtroppo anche una parte della politica alimenta il rancore, l'intolleranza, il razzismo, la xenofobia e l'odio”.

L’odio e il rancore ingiustificati trovano la propria linfa da un disagio sociale che è reale. “Veniamo da 10 anni di una crisi – ha aggiunto la sindacalista – che ha lasciato debolezza e senso di insicurezza nelle persone, con un gran numero di posti di lavoro persi: ben 50.000 solo nel lavoro dipendente, senza contare il lavoro autonomo, le partite Iva, i parasubordinati. La ripresa è ancora lenta, più lenta di quella di molte altre zone del paese. Basti pensare che prima della crisi da noi avevamo praticamente la piena occupazione”.

Su tutto questo, poi, il terremoto dello scorso anno è piombato come un macigno creando ancora più precarietà e paura. In regione ci sono ancora 30.000 sfollati. “In effetti – ha sottolineato Barbaresi – ci sono stati tantissimi ritardi che pesano molto. La risposta dello Stato doveva essere più coordinata e tempestiva. Capisco e mi rendo conto delle difficoltà e delle criticità però rilevo anche che in altre regioni la risposta è stata sicuramente diversa”.