Nel suo intervento alla presentazione del 13° Rapporto dei diritti globali 2015, Don Luigi Ciotti ha ricordato  che "quanto è raccolto in quel rapporto pesa sulla coscienza di tutti. Tutti i dati raccolti ci pongono delle domande precise, perchè disuguaglianza, povertà, muri, carceri, pesano su di noi. C'è un obbligo morale che è quello di ribellarci a tutto ciò e cambiare la storia, tutti assieme, non continuare a subirla. Altrimenti avremo nuovi rapporti tutti uguali nella loro tragicità, e non cambierà mai nulla".

"Porto un esempio che ci riguarda da vicino – ha continuato il fondatore del gruppo Abele –, il tema delle mafie nel nostro Paese. Malgrado le leggi più restrittive e gli arresti di molti boss, la criminalità organizzata è più forte di prima: ha aperto nuovi settori d'intervento, creato nuovi mercat, con la filiera agro-alimentare che praticamente è nelle loro mani, così come hanno messo le mani anche sull'acqua. Cambiano volti e nomi, ma nella loro essenza i criminali restano sempre gli stessi, e sono diventati imprenditori di un'economia assassina. Si è avverata, purtroppo, la profezia di Don Sturzo di circa cinquant'anni fa, quando diceva che la mafia sarebbe risalita da Sud a Nord e avrebbe travalicato le Alpi, sempre più forte. Mafia e corruzione dominano sempre di più. Per questo, la concretezza e l'autenticità del rapporto ci deve spronare a osare di più, oggi più che mai, tutti assieme. Dobbiamo fare scelte scomode, rifiutare compromessi, come hanno fatto tanti sindacalisti e sacerdoti in passato, morti ammazzati sotto i colpi dei mafiosi".

"Ad agosto ci hanno sparire due milioni di poveri – ha aggiunto Don Ciotti –, salvo poi dire che erano cambiati i parametri per conteggiarli. Il problema è che i poveri sono sempre lì, non sono scomparsi. Un altro segnale che c'inquieta riguarda il tetto del contante: è giusto riportarlo a mille euro, perchè l'abbiamo dimostrato, dati alla mano, che innarzarlo a tremila è un regalo alla criminalità. La Francia è scesa a mille euro, noi andiamo dall'altra parte".

"Di fronte a quanto sta accadendo con il terrorismo – ha concluso il religioso –, noi dobbiamo unire le nostre forze e rischiare la pace, che vuol dire che è tempo di scelte non violente, che in questo momento vanno riproposte con forza. Pace significa anche giustizia sociale e quindi lotta alle mafie, a favore della scuola e per il lavoro, contro l'analfabetismo e l'abbandono scolastico di miloni di ragazzi e contro le multinazionali che mandano sul lastrico milioni di agricoltori. Rischiare la pace vuol dire costruire diritti e dignità, contro le disuguaglianze sociali e lo squlibrio ecologico, contro il razzismo, tutti segni di uno spaventoso regresso etico-culturale".