"Rappresento un pezzo del mondo del lavoro, composto da tre milioni e mezzo di persone, estremamente frammentato, che non ha rappresentanza ed è in grande sofferenza. Per questo, ci battiamo soprattutto per un equo compenso, vivendo la maggiorparte di noi al di sotto dei 15.000 euro lordi annui, spesso ottenuti con gravi ritardi nei pagamenti. Siamo lavoratori di serie B, privi di diritti e tutele, a partire dalla malattia e dalla maternità: in quest'ultimo caso, per averne diritto, dovrei astenermi dal lavoro per un periodo, col rischio di venir licenziata". Così Rosangela Lapadula, una lavoratrice autonoma, ha raccontato le sue condizioni di lavoro, aprendo i lavori dell'iniziativa organizzata dalla Cgil a Roma (Corso Italia, 25), sul mondo delle professioni e del lavoro autonomo ("Vita da professionisti'). 

"Il mondo delle professioni è una realtà assai significativa ed eterogenea – ha ricordato Alessandro Laterza, vicepresidente di Confindustria –, una costellazione di attività che dovrà fare i conti con gli effetti collaterali del Jobs act, ovvero i decreti attuativi in discussione in questi giorni. Il venir meno dei contratti a progetto favorirà il contratto interinale, soprattutto nell'editoria, il settore che mi riguarda più da vicino, ma ciò produrrà una riduzione delle possibilità di lavoro. Lo stesso vale per le partite Iva. Si prospetta, dunque, un quadro assai incerto anche per le imprese".   

"Il lavoro autonomo è stato sottovalutato dalla politica – ha ammesso Filippo Taddei, responsabile economico del Pd –, e su di esso grava un tarlo strutturale dell'economia italiana. Per quell'universo di lavoratori il problema principale è la remunerazione. Su questo, se vi aspettate interventi dall'alto, dico no, perchè faremmo un errore enorme. La soluzione qual è? La trasformazione industriale dell'economia. Questo apre la questione delle tutele che possiamo offrire al lavoro autonomo, soprattutto per quanto riguarda i lavori non ordinisti, cioè non sottoposti a ordini professionali. Vanno riorganizzate le tipologie contrattuali, cosa ci apprestiamo a fare nei prossimi giorni, nell'ambito dei decreti attuativi della riforma del mercato del lavoro, con la premessa: il lavoratore autonomo non si pone tra il lavoro dipendente e il Far West. Pensiamo a creare un regime dei minimi, con la riduzione del reddito imponibile e dunque un trattamento fiscale di favore, come abbiamo già cercato di fare attraverso l'ultima legge di Stabilità".

"Dare una garanzia di certezza dei termini di pagamento – ha sottolineato ancora Taddei – , assicurare diritti come malattia e maternità, offrire un regime fiscale di favore per coloro che hanno un reddito più basso. Questo, è ciò che possiamo offrire ai lavoratori autonomi in tempi brevi. Al contrario, attualmente non possiamo garantire pensioni adeguate a questo livello di redditi. La sfida che abbiamo di fronte sul lavoro autonomo ha che fare con la crescita del Paese. Abbiamo ridotto il livello dei contributi sociali, particolarmente gravoso, ma un livello di pensione soddisfacente non lo possiamo ancora garantire in assenza di sviluppo economico".

"Perchè si è così impoverito il lavoro professionale? – si è chiesto in apertura del suo intervento il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso – La prima cosa che colpisce nello studio presentato oggi è il rapporto tra reddito, tipo di lavoro e livello d'istruzione. Scopriamo che la conoscenza non paga, e quindi aveva ragione l'ex ministro Tremonti quando diceva 'con la cultura non si mangia'. In realtà, è il sistema che nel suo complesso si impoverisce di continuo, perchè non fa ricerca e non innova, come fanno gli altri paesi. Non basta affidarsi al libero mercato, perchè la politica non può non avere un modello sociale e una politica economica. Il sindacato confederale è tradizionalmente soggetto organizzatore del lavoro dipendente, ma questo non vuol dire essere contrapposti al resto del mondo del lavoro. Tutto ciò che è stato determinato nel mercato del lavoro è stato fondato sulla costruzione di un conflitto tra diversi soggetti, soprattutto tra lavoratori dipendenti e autonomi".

"Come si esce da queste contrapposizioni? Il lavoro autonomo dà risposte di ordine collettivo, e c'è una relazione tra ciò che si immagina e la retribuzione contrattuale dei dipendenti. Chi fa un lavoro professionale e cognitivo viene pagato meno del dipendente, e dunque la contrattazione deve essere un punto di riferimento anche per loro, ma non per diventare dipendenti, perchè ci tengono a restare autonomi. La prospettiva che ci riproponiamo è l'idea di un lavoro che abbia tutele universali. Il Governo ha fatto un'altra scelta, togliendo diritti con il Jobs act, ma bisogna ricostruire un punto di universalità di principio", ha evidenziato la dirigente sindacale.

"Altra questione, non c'è più relazione tra reddito delle persone e tassazione. Gli 80 euro sono un sintomo di ciò, perchè non riducono la pressione fiscale. Forse il tema da riproporre è una riduzione del carico fiscale e una diversa progressione rispetto alla crescita delle ricchezze. Ancora, sulla contribuzione, la ricerca dice ci vuole una relazione tra i contributi versati e le prestazioni offerte. Ma senza una dimensione sociale il sistema non funziona, nè per la previdenza nè per nessun altro istituto. Bisogna creare un minimo sindacale necessario che corrisponda ai bisogni delle persone. Ci vuole una dimensione sociale del welfare che riguarda l'insieme del lavoro. Per questo, bisogna riscrivere lo Statuto dei lavoratori e delle lavoratrici, perchè il mondo del lavoro è cambiato; vanno costruite tutele solidali, soprattutto per chi non ha poteri negoziali. Le forme di rappresentanza sono le stesse di tanto tempo fa? No, ma la ragione è la stessa e lo studio lo conferma: le risposte date al questionario sono la negazione degli strumenti della divisione. I lavoratori autonomi rivendicano la propria condizione, ma si affidano all'organizzazione collettiva che può dare le risposte che cercano attraverso la contrattazione, nel rispetto delle differenze", ha concluso la leader della Cgil.        

Nei loro interventi, tutti hanno ricordato con commozione Davide Imola, il dirigente della Cgil prematuramente scomparso il 20 dicembre scorso, che si è occupato dalla fine degli anni Novanta proprio del mondo delle professioni e del lavoro autonomo, al quale è stata dedicata l'iniziativa di oggi.

Nella stessa giornata, prima della tavola rotonda, la Cgil ha promosso un confronto aperto con diverse associazioni di professionisti e lavoratori autonomi sulla proposta per un nuovo Statuto. 

Il primo ad intervenire è stato Andrea Dili di Alta Partecipazione ('la rete dei giovani, degli studenti, dei precari e dei professionisti'): “Con il dialogo tra il sindacato e i professionisti possono venire fuori proposte di una certa sostanza. È quello che abbiamo fatto in questi anni e che auspichiamo si faccia anche per il nuovo Statuto, nel costruire insieme la parte del lavoro autonomo”. Sui contenuti l'auspicio è che sia un testo organico e che, ha aggiunto, “parta dal lavoro, perché da questo è strettamente correlata la dignità di ogni persona”.

A seguire poi Angelo Deiana di Confassociazioni, la Confederazione delle associazioni professionali, che, legandosi alle parole di Dili, ha detto: “Dovremmo fare un ragionamento sulla persona, passare dal Jobs Act al People Act, mettendo al centro la persona. Il focus deve essere sulla persona e sul lavoro, considerando le altre componenti come ragionamenti trasversali che devono ruotare attorno a questo focus”. Così, mettendo la persona al centro, si può operare verso “l'abbattimento della frammentazione presente nel mercato del lavoro, che sta nelle leggi ma non è presente nella realtà”.

Disinnescare il conflitto latente tra 'garantiti' e 'non garantiti'. Questa invece la posizione di Emiliana Alessandrucci di Colap ('Coordinamento libere associazioni professionali'): “Il primo passo da superare è il conflitto. Abbiamo uno scontro generazionale sul fronte pensionistico, con un'intera generazione che avrà un domani solo la pensione sociale. Il conflitto è un paradosso che va superato”. Anche nel suo ragionamento la centralità della persona: “Mettiamo le persone al centro del lavoro perché il danno peggiore prodotto dal Jobs Act è trasformare tutto in un costo, in un valore monetario”. Quanto al nuovo Statuto della Cgil, Alessandrucci ha spiegato: “L'idea è di scambiare i punti positivi dei due mondi, evitando però di importare modelli dal lavoro dipendente al lavoro autonomo. Questi ultimi hanno bisogno di altre cose perché le esigenze possono essere uguali ma le risposte possono essere diverse”. Per Susanna Botta di Acta Roma, l'associazione dei freelance, invece, “un nuovo Statuto dei lavoratori deve partire dal riconoscimento di tutte le forme di lavoro, per dare a tutte la stesa dignità ma soprattutto per considerare sì l'universalità dei diritti e delle tutele, che devono essere riconosciuti, ma declinati in maniera diversa”.

Daniele Petruccioli di 'Strade', il sindacato traduttori editoriali che rappresenta e tutela i diritti dei traduttori che lavorano in regime di diritto d'autore, ha sottolineato il bisogno di sindacato: “Abbiamo bisogno di più sindacato, che ci aiuti a fare cose che da soli non riusciamo a fare. Ne abbiamo bisogno, in forme e modi da declinare, perché ci aiuti a sederci ad un tavolo con la controparte e ad avere voce in capitolo. Abbiamo bisogno che il sindacato ci stia più vicino”.

Per Walter Grossi di Ana, l'Associazione nazionale archeologi, è dirimente l'estensione del welfare nel loro segmento, anche e soprattutto alle partite Iva impiegate nel settore. Quanto al ruolo e al supporto del sindacato rivendicano l'essere un soggetto per la contrattazione inclusiva e sostengono il bisogno di un equo compenso.

Per quanto riguarda gli avvocati, Cosimo Matteucci, esponente di Mga, associazione forense nazionale, il quadro generale delinea un settore in difficoltà: “L'avvocatura è in crisi, si allarga il divario tra i redditi mentre si registrano negli studi veri e propri casi di sfruttamento del lavoro nero, con lavoratori che rischiano ogni giorno di ritrovarsi fuori dagli studi senza alcuna garanzia e senza nessuna tutela. Chiediamo l'intervento del sindacato perché meritiamo dignità, a partire dalla eccessiva pressione fiscale per arrivare alle iniquità del sistema previdenziale passando per la strumentalizzazione, e lo sfruttamento, delle partite Iva”.

Anche nelle parole di Francesca Duimich delle guide turistiche Confesercenti Federagit, la denuncia dello stato del settore, in lotta contro le direttive Ue che mirano a cancellare la specificità della professione e contro la 'disintermediazione' rappresentata dalle nuove tecnologie che, oltre a soppiantare le agenzie di viaggio (loro controparte), li mettono in una condizione di debolezza contrattuale. Infine Francesca Lupo, architetto rappresentante di Iva sei partita: “Ogni volta che si parla di estensione diritti, allargamento orizzonte, mettere al centro la persona, sono felice di sentirlo, specie in questa sede”. Nelle parole di Lupo lo stato di progressivo impoverimento dei lavoratori, architetti e ingegneri, a partita Iva e spesso impegnati in funzioni cruciali: “Noi siamo quelli che timbrano e certificano, dalla sicurezza sul lavoro al controllo sugli abusi. Se il nostro potere contrattuale si abbassa, se il nostro lavoro si impoverisce, sono inevitabili le ripercussioni anche sulla funzione sociale che esercitiamo”.