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Non sono sospetti, ma, purtroppo, certezze quelle che da tempo la Cgil denuncia: il Governo sta cercando soldi da destinare alle armi. Ma se si destinano alle armi si tolgono inevitabilmente ad altro: sanità, scuola, servizi pubblici, ad esempio.
E allora eccola la notizia: la Regione siciliana ha deciso di stornare 252 milioni di euro del Programma Regionale FESR per sviluppare ‘infrastrutture di difesa resilienti’. Cosa significa questa affermazione lo hanno tradotto Christian Ferrari, segretario confederale Cgil nazionale, e Alfio Mannino, segretario generale Cgil Sicilia. Significa che le risorse del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale invece che essere utilizzate per infrastrutture viarie o sociali, ad esempio, saranno “destinate alle armi, con la giustificazione dell’uso anche a fini civili di investimenti per la mobilità militare e per rafforzare presidi di rilevanza nazionale, europea ed extraeuropea (quali sistemi di comunicazione satellitari, basi militari, ecc.) che insistono sul territorio della Sicilia”.
Questa è la dimostrazione che le preoccupazioni della Cgil erano più che fondate. Il sindacato chiedeva, appena pochi giorni fa, che le risorse del Pnrr rimanessero a finanziare i progetti originari e non fossero dirottate sul riarmo che – si ricorderà – non ha scadenza temporale, prevista invece per il Piano di ripresa e resilienza.
“Si tratta di una decisione gravissima – dichiarano Ferrari e Mannino –, che sottrae fondi europei e nazionali stanziati per la lotta alle diseguaglianze sociali e ai divari territoriali, utilizzandoli per scopi militari. Non è questa la priorità di un territorio che ha invece urgente bisogno di provvedimenti che favoriscano la crescita economica e la creazione di buona occupazione e garantiscano il pieno esercizio dei diritti di cittadinanza, a partire dalla salute e dall’istruzione pubblica”.
Ma c’è di più, in Sicilia come a livello nazionale, il tavolo di confronto con le parti sociali non viene convocato e quindi le strategie non vengono condivise. A questo proposito, dicono ancora i due dirigenti sindacali, “quanto affermato nella delibera circa la condivisione di questa scelta con il partenariato istituzionale-economico-sociale è totalmente destituito di fondamento, visto che alle parti sociali era stato garantito esattamente il contrario, ossia l’assenza di investimenti di questa natura”.
Ora occorre tenere gli occhi aperti su quel che verrà scritto nella prossima legge di bilancio, anche lì è altissimo il rischio di investire nel riarmo le risorse destinate originariamente al welfare. Anche per questa ragione, per affermare che un altro modello sociale ed economico è possibile, la Cgil ha convocato a Roma il 25 ottobre una grande manifestazione nazionale con la parola d’ordine: “Democrazia al lavoro”.
E la conclusione di Ferrari e Mannino è netta: “Come Cgil, continueremo a vigilare e a opporci in ogni modo a un’insensata corsa al riarmo, che non porterà nulla di buono né alla Sicilia né al Paese”.