Un’altra agenda sociale è possibile. È questa la convinzione che anima Cgil, associazioni e movimenti della Via Maestra che hanno lanciato la manifestazione nazionale “Democrazia al lavoro” del 25 ottobre a Roma. Una giornata di piazza per dire basta a politiche economiche fondate su austerità e riarmo, per chiedere un modello di sviluppo che rimetta al centro il lavoro, la pace, la giustizia sociale e ambientale.

Un mondo in guerra

Il quadro internazionale è segnato da conflitti che non si fermano. A Gaza e in Cisgiordania la popolazione palestinese continua a subire un massacro, mentre in Ucraina il conflitto è entrato nel suo terzo anno senza prospettive di tregua. Guerre che rischiano di estendersi, con conseguenze devastanti. A questo scenario si somma una competizione commerciale sempre più aspra, che mette a rischio esportazioni, sicurezza energetica e occupazione in Europa.

Un Paese in difficoltà

La realtà economica e sociale dell’Italia è ben lontana dal racconto ottimistico del governo. La crescita resta ferma allo “zero virgola”, la domanda interna ristagna, la produzione industriale è in calo da tre anni. L’occupazione aumenta solo tra gli over 50, per effetto della legge Fornero, mentre sei milioni di persone vivono intrappolate tra precarietà, lavoro nero e sommerso. Ogni anno 100 mila giovani emigrano, mentre il 50 per cento della ricchezza è concentrato nelle mani del 5 per cento più ricco della popolazione.

Inflazione e drenaggio fiscale

Chi vive di salari e pensioni è stato colpito da un impoverimento senza precedenti. L’inflazione accumulata tra il 2021 e il 2024 ha superato il 18 per cento, senza che vi fosse un reale recupero. A questo si è aggiunto un drenaggio fiscale che ha sottratto circa 25 miliardi ai redditi medio-bassi, risorse che non sono state reinvestite in servizi pubblici ma utilizzate per il risanamento dei conti e l’aumento delle spese militari.

La corsa al riarmo

Il piano Ue e Nato per portare la spesa militare al 5 per cento del pil entro dieci anni, sostenuto dal Governo Meloni, comporta per l’Italia un aumento dai 45 miliardi del 2025 ai 145 miliardi annui dal 2035. Una cifra enorme che rischia di svuotare lo stato sociale, sottraendo risorse a sanità, istruzione, pensioni, innovazione e politiche industriali.

Una rotta alternativa

La manifestazione del 25 ottobre vuole essere un segnale forte in vista della prossima legge di bilancio. La richiesta è chiara: restituire potere d’acquisto a salari e pensioni, rinnovare i contratti collettivi, introdurre un salario minimo legale, tutelare la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, garantire una pensione di garanzia per giovani e precari. Ma anche cambiare rotta sulle politiche fiscali, facendo pagare chi ha profitti, rendite ed extraprofitti e chiudendo con condoni e flat tax.

L’economia di pace

La piazza di Roma sarà dunque un momento per rilanciare un progetto alternativo: un’economia di pace fondata su lavoro dignitoso, diritti, innovazione e sostenibilità. Un’agenda sociale che investa nella transizione energetica e tecnologica, nelle infrastrutture, in una strategia di sviluppo per il Mezzogiorno e in un welfare pubblico e universale. Perché senza giustizia sociale non può esserci democrazia compiuta né futuro sostenibile.