Anche gli invalidi con assegno contributivo hanno diritto all’integrazione al minimo. La sentenza n. 94 del 2025 della la Corte costituzionale rappresenta, commenta Ezio Cigna, responsabile delle politiche previdenziali della Cgil nazionale “una vittoria di giustizia sociale. È un passaggio che restituisce dignità a tante lavoratrici e lavoratori discontinui, precari o invalidi che il sistema contributivo rischiava di condannare alla povertà”. Questa sentenza “dimostra che la previdenza deve rimanere ancorata ai principi costituzionali di equità, adeguatezza e solidarietà”.

Una decisione dal forte impatto, perché cambia radicalmente il destino previdenziale di migliaia di persone con disabilità, in particolare coloro che, pur avendo versato contributi, si ritrovavano con importi inferiori perfino alle provvidenze assistenziali.

Cos’è l’integrazione al minimo

Ma vediamo nel dettaglio. Per “integrazione al minimo” si intende un meccanismo di tutela sociale volto ad assicurare che l’importo della prestazione pensionistica non sia inferiore a un livello essenziale di reddito, garantito attraverso risorse pubbliche e fiscalità generale.

Per la Corte negare questa integrazione a chi riceve l’assegno interamente contributivo, ovvero a chi è entrato nel mondo del lavoro dopo il 1995, costituisce una violazione dell’articolo 3 della Costituzione. Si tratta cioè di un’ingiustificata disparità di trattamento rispetto a chi riceve la stessa prestazione calcolata col metodo retributivo.

Anche per questi soggetti – spesso giovani, precari, con carriere discontinue – va riconosciuto il diritto a ricevere almeno quanto previsto dall’assegno sociale, qualora il loro assegno ordinario di invalidità (Aoi) risulti inferiore.

Tra i passaggi centrali, la Corte sottolinea che la funzione dell’Aoi è proprio quella di “sopperire a situazioni in cui il lavoratore ha perso, per via dell’invalidità, una rilevante percentuale della sua capacità lavorativa e, quindi, la possibilità di accumulare un montante contributivo adeguato”. Per questo, l’integrazione al minimo deve poter essere garantita, indipendentemente dal sistema di calcolo utilizzato.

L’azione dell’Inca

La sentenza arriva dopo un lungo percorso di contenziosi promossi anche dal patronato della Cgil, l’Inca, che ha sostenuto la tesi della sopravvivenza dell’integrazione al minimo anche per gli assegni ordinari di invalidità, liquidati interamente nel sistema contributivo. “Abbiamo creduto da molti anni in questo diritto e nella fondatezza costituzionale delle nostre rivendicazioni, che ci vedono coinvolti anche in altri casi già sottoposti alla Corte, in attesa di risposta – commenta Anna Maria Bilato, della presidenza dell’Inca –. È stato un lavoro paziente, legale e politico, portato avanti parallelamente all’azione sindacale della Cgil. Ora, il nostro compito sarà garantire informazione e assistenza a tutte le persone che possono finalmente vedere riconosciuto un diritto che era stato loro negato”.

Spi: “Dignità per chi lavora, versa contributi e si ammala”

Anche lo Spi Cgil accoglie con soddisfazione la sentenza. Per Lorenzo Mazzoli, della segreteria nazionale, “è una decisione che restituisce dignità a persone che, colpite da una malattia e inserite nel sistema contributivo, si trovavano private non solo della salute, ma anche di una prestazione minima adeguata. Aver versato contributi non può diventare un fattore penalizzante. Questa pronuncia riconosce la funzione sociale della previdenza, che è quella di proteggere, non di escludere”.

La sfida della pensione contributiva di garanzia

Questa sentenza indica anche una strada futura per introdurre maggiore equità nel nostro sistema previdenziale. Per Cigna “è solo l’inizio. È necessario che l’Inps recepisca subito il principio affermato dalla Corte e intervenga per garantire l'integrazione anche in altre prestazioni simili, come la pensione di inabilità”. Ma non solo, per il dirigente Cgil “serve avviare un confronto politico e sociale che porti all’introduzione di una vera pensione contributiva di garanzia per chi, pur avendo versato contributi, non riesce a raggiungere una soglia dignitosa di tutela”.

Questa è la sfida che abbiamo davanti e come sindacato ne abbiamo la piena consapevolezza: costruire un sistema equo, universale, e costituzionalmente coerente”, conclude Cigna. Peccato che di pensioni il governo non parla con le organizzazioni sindacali, visto che l’ultimo incontro risale al 18 settembre 2023: sono cioè passati ormai quasi due anni.