Giorgia Meloni siede a Palazzo Chigi da quasi un anno e mezzo: non passa giorno senza che lei o qualcuno dei suoi ministri sostenga le meraviglie in economia che il destra-centro avrebbe realizzato. Aumenta il Pil, aumenta l’occupazione, è stato abolito il reddito di cittadinanza e quindi gli imprenditori finalmente possono assumere la manodopera di cui hanno bisogno sottraendola al divano. Tutto bene, madama la marchesa! E invece no. I dati, purtroppo non mentono: se a snocciolarli è l’Istat, autorevole istituto di statistica nazionale non tacciabile di manipolare le cifre visto che i vertici sono di nomina governativa, non è possibile confutarli.

Povere famiglie

I dati definitivi verranno resi pubblici tra qualche mese, ma quelli diffusi oggi sono chiari: “Secondo le stime preliminari, nel 2023, le famiglie in povertà assoluta si attestano all’8,5% del totale delle famiglie residenti (erano l’8,3% nel 2022), corrispondenti a circa 5,7 milioni di individui”. Come è possibile che aumentino le famiglie in grave difficoltà se il numero di donne, ma soprattutto di uomini, che hanno un lavoro è in aumento?

Un fallimento annunciato

“La povertà aumenta, a conferma del fallimento delle scelte del governo. Occorre intervenire ripristinando al più presto uno strumento di contrasto alla povertà e di sostegno al reddito che sia universale, ed è necessario investire nell'infrastrutturazione sociale per rispondere ai bisogni delle persone in condizione di difficoltà con la presa in carico attraverso servizi pubblici”. Così la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi commenta le stime preliminari sulla povertà assoluta per l'anno 2023 diffuse dall'Istat.

Chi e dove

Sono quasi 136mila in più rispetto al 2022 le persone registrate in povertà nelle regioni del Nord. Se l’incidenza della povertà assoluta a livello familiare è sostanzialmente stabile (8,0%), si osserva una crescita di quella individuale di più di mezzo punto percentuale che si attesta al 9,0%, era all’8,5% nel 2022.

Il Mezzogiorno mostra valori più elevati delle altre ripartizioni, le famiglie povere meridionali sono il 10,3%, le singole persone in povertà sono il 12,1%. Aggiunge la segretaria confederale: “La povertà colpisce maggiormente le famiglie numerose e con figli minori, le famiglie operaie, quelle del Sud, quelle in affitto, i migranti, certificando le pesanti diseguaglianze nel nostro Paese”.

Il lavoro che non emancipa

Ciò che davvero colpisce è che la povertà aumenta tra le famiglie in cui la persona di riferimento ha un lavoro, scrive l’Istat: “Da segnalare un peggioramento rispetto al 2022 della condizione delle famiglie con p.r. lavoratore dipendente: l’incidenza raggiunge il 9,1%, dall’8,3% del 2022, riguardando oltre 944mila famiglie”. Ma come, sarebbe da chiedere alla presidente del Consiglio, non era stata lei a sostenere che non ci fosse bisogno del salario minimo legale? E non sono stati i provvedimenti del suo governo ad abbassare di molto l’aliquota fiscale per autonomi e partite Iva, mentre per lavoratori e lavoratrici dipendenti nulla, se non confermare quanto aveva già fatto Draghi?

Provvedimenti sbagliati e a senso unico

È ancora la dirigente sindacale a sottolineare il fallimento delle politiche governative: “Nell'ultimo anno è peggiorata la condizione delle famiglie che hanno come unica fonte di reddito il salario di un lavoratore dipendente. Sono numeri preoccupanti e rendono evidente quanto siano sbagliate le scelte del governo". Quali sono i provvedimenti che vanno nella direzione contraria rispetto agli interventi che servirebbero per garantire a chi con il proprio lavoro produce la ricchezza del Paese? “Questo governo non solo ha cancellato il Reddito di cittadinanza, facendo dell'Italia l'unico Paese in Europa a non avere più una misura di contrasto della povertà di carattere universale - sostiene Barbaresi - ma è contro il salario minimo, ha azzerato i fondi per gli affitti e per la morosità incolpevole, e non investe nell’edilizia residenziale pubblica nonostante la situazione abitativa sia una delle maggiori cause di disagio”.

Il futuro rischia di essere ancora più scuro

Il progetto del ministro Calderoli sull’autonomia differenziata, se dovesse essere approvato in Parlamento, non definisce i livelli essenziali delle prestazioni e stabilisce che non bisognerà spendere in euro in più di quanto speso fino ad oggi; che le risorse verranno distribuite in base alla spesa storica, mentre viene svuotato il fondo per la riduzione dei divari territoriali. C’è davvero da esser preoccupati. Non solo per il Sud ma per tutto il Paese, non c’è crescita e sviluppo dell’Italia se una parte rimane indietro. Aggiunge Barbaresi: “Con l’autonomia differenziata si aggraverà ulteriormente la situazione nel Mezzogiorno, dove l'incidenza della povertà è maggiore e le diseguaglianze nel Paese cresceranno. Non si investe per mettere i servizi pubblici nelle condizioni di garantire la presa in carico dei bisogni complessi delle persone e delle famiglie disagiate: bisogni non solo economici ma anche abitativi, sociali, sanitari, educativi, assistenziali. Occorrono risorse e organici adeguati, a partire dai servizi per l'impiego e dai servizi sociali dei Comuni".

Paradossi

Con un tratto di penna violento accompagnato da denigrazione se non calunnia e insulto, Meloni e il suo governo hanno abolito il Reddito di cittadinanza affermando che i poveri, non essendo più foraggiati per stare sul divano, sarebbero finalmente andati ad occupare quei posti che albergatori, ristoratori e imprenditori vari mettono sul mercato ma non trovano come coprirli. Ebbene: i poveri sono aumentati, e sono aumentate le famiglie povere nonostante all’interno vi siano lavoratori. Gli occupabili senza più Rdc continuano a non essere occupati e gli imprenditori continuano a lamentarsi di non trovare lavoratori e lavoratrici.

Cambiare strada

La segretaria confederale aggiunge: “I pochi dati resi noti dal governo su Assegno di inclusione e sostegno formazione e lavoro evidenziano il fallimento delle nuove misure. A gennaio le domande accolte di Assegno di inclusione sono state 550 mila, molto al di sotto dei 737 mila attese del governo e poco meno della metà del milione 200 mila di famiglie che un anno fa percepivano il Reddito di cittadinanza”.

Per Barbaresi “gli esclusi sono troppi, almeno 600 mila famiglie su cui il governo risparmierà 4 miliardi di euro". Su quest’ultima misura "sembra essere caduta un’inspiegabile cortina di fumo: a fronte di 400 mila possibili beneficiari, a gennaio hanno percepito i 350 euro solo 24 mila persone”.

“È necessario e urgente che il governo ritorni al più presto sui suoi passi - conclude Barbaresi - ripristinando una misura universale di contrasto della povertà senza risparmiare sulla pelle dei più poveri”.

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