Oggi la Svimez ha presentato un Rapporto redatto insieme con Save The Children, e i risultati sono indegni di un Paese civile. “Il Servizio sanitario nazionale, segnato da inaccettabili diseguaglianze regionali, si è profondamente indebolito e sta rischiando il collasso, mentre il governo continua a tagliare e disinvestire nella sanità pubblica”. Lo afferma il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, commentando il Rapporto che attesta un’Italia a due velocità dove chi ha la ventura di nascere nel Mezzogiorno ha un’aspettativa di vita inferiore rispetto a chi nasce al Nord.

Sanità abbandonata

Nonostante le roboanti affermazioni di Meloni, i numeri parlano chiaro, nel 2024 il rapporto Pil risorse per la sanità è sceso attestandosi al 6,3%, e continuerà a scendere fino ad arrivare al 5,9% nel 2026. Chi può si cura rivolgendosi ai privati, chi non può rinuncia a visite ed esami. Dice ancora Landini: “Lo scorso anno la spesa privata sostenuta dai cittadini per potersi curare ha superato la cifra record di 40 miliardi. E il numero di persone che ha dovuto rinunciare alle cure per motivi economici è cresciuto in modo esponenziale. Tutto questo è inaccettabile. È a rischio il diritto costituzionale alla salute”.

Misera figura in Europa

C’è davvero da vergognarsi a osservare quando investono in sanità gli altri Paesi dell’Ue. L’Organizzazione mondiale della sanità sostiene che se in rapporto con il Pil le risorse per la sanità scendono sotto sotto il 6,5%, è a rischio la salute pubblica, l’Italia sta pericolosamente scendendo sotto la soglia – anzi siamo già sotto – mentre la Germania è al 9,4 e la Francia all’8,9. “Impietoso è poi il raffronto - aggiunge Landini - con gli altri Paesi europei per spesa sanitaria pubblica, assistenza, dotazioni organiche e retribuzioni del personale. Occorrono più risorse e al contempo serve riorganizzare l’intero sistema sanitario, per garantire l’effettiva presa in carico delle persone, nel giusto equilibrio tra prevenzione, assistenza ospedaliera e territoriale”.

I divari territoriali

I dati sono impietosi. La media nazionale di spesa sanitaria pro capite è di 2.140 euro, ma in Calabria è di 1.748 euro, in Campania di 1.818 euro, in Basilicata ammonta a 1.941 euro, e in Puglia e pari a 1.978 euro. Se questi sono i numeri certo non è un caso che l’aspettativa di vita al Sud sia di un anno e mezzo più bassa che al Nord Est. E anche la mortalità per tumore nelle regioni meridionali è più alta. Ed allora è inevitabile che chi può si trasferisca nel settentrione per curarsi. Il Rapporto Svimez attesta che ben il 22% dei malati oncologici meridionali si spostano per ricevere le cure che nei propri territori non sono assicurate.

Altro che autonomia

La verità è che servono risorse, e tante, per ridurre i divari. Per il direttore della Svimez Luca Bianchi “la necessità di incrementare le risorse complessivamente allocate alla sanità convive con la priorità di potenziare da subito le finalità di equità del Ssn”.

La conclusione del segretario generale della Cgil è netta: “Il Servizio sanitario nazionale, già strangolato dal governo con la riduzione delle risorse, rischierebbe di implodere inesorabilmente e di far crescere ulteriormente le diseguaglianze, se dovesse prendere forma il progetto di autonomia differenziata. Per queste ragioni, insieme a tutti coloro che vogliono unire e non dividere il Paese, continueremo a mobilitarci a livello regionale e territoriale per contrastare con forza questo folle progetto del governo”.

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