Dall’inizio della crisi da Covid-19 non si sono mai visti scaffali vuoti nei supermercati o negli esercizi di generi alimentari, le aziende del settore hanno infatti continuato la loro attività (in quanto ritenute essenziali), e davanti ai negozi le code di acquirenti non sono mai mancate. A fronte però di chi ha continuato a fare la spesa, c’è stato chi si è ritrovato con entrate drasticamente ridotte oppure a reddito zero e quindi nell’impossibilità di continuare ad acquistare anche i generi di prima necessità. Sono coloro che hanno perso il lavoro perché erano impiegati in settori non ritenuti invece essenziali, che avevano lavori precari, che lavoravano in nero (quasi sempre non per loro scelta), coloro che un contratto non lo hanno mai visto e con il cosiddetto lockdown non hanno più potuto continuare a guadagnarsi la vita, chiusi in casa per le misure di prevenzione della pandemia.

L’Istat ci ha fornito di recente dati che parlano di oltre 16 milioni di italiani a rischio povertà o esclusione sociale (il 27,3% della popolazione), ma sono dati riferiti al 2018 e giudicati come trend in calo rispetto agli anni precedenti, numeri destinati invece ora ad aumentare. Come si legge in un documento di ASviS (l'Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile), nonostante l’intervento economico del governo a sostegno delle imprese e dei lavoratori, è ipotizzabile un aumento della povertà in tutte le sue dimensioni, causato dalla chiusura di imprese e dalla perdita di posti di lavoro.

Eravamo solamente ad aprile quando il Banco Alimentare faceva sapere che in seguito all’emergenza Coronavirus le richieste di aiuto avevano raggiunto il picco di aumento del 40% come media nazionale, con punte sicuramente più alte al Sud, e la Caritas parlava di raddoppio, rispetto al periodo di pre-emergenza, delle persone che per la prima volta si rivolgono ai loro Centri di ascolto e ai servizi. Sono state le associazioni del terzo settore, in particolare ForumDD (il Forum Disuguaglianze e Diversità) e ASviS, a chiedere di erogare il Reddito di emergenza in tempi molto stretti e raggiungere il maggior numero possibile di famiglie in difficoltà.

Il Rem è arrivato, benché con il limite di spesa di un solo miliardo di euro dei 55 ai quali ammonta il decreto rilancio, ma il problema, come sottolineano le associazioni, rimangono i tempi di erogazione e le procedure, troppo complesse per riempire velocemente tavole ormai semivuote da oltre due mesi: soprattutto in questo momento di emergenza “il governo non può risparmiare sui più deboli”. Anche per questo l'Alleanza per lo Sviluppo Sostenibile sta dando luogo a una serie di dibattiti sulla piattaforma Futura network, dove il 28 maggio si parlerà proprio di "una ripresa trasformativa all'insegna della resilienza e della sostenibilità" e dell'urgenza di un "percorso di trasformazione verso la sostenibilità economica, sociale e ambientale".