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Simone Sabattini esercita a Bologna la sua professione di avvocato penalista, più volte si è trovato a difendere i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici in tribunale. A suo giudizio il decreto sicurezza non crea sicurezza, mentre limita l’esercizio dei diritti. A cominciare da quello di sciopero, messo fortemente in discussione dalla norma, in passato abolita perché ritenuta incostituzionale, che definisce reato penale il blocco stradale.
Questa nuova legge costruisce maggiore sicurezza per cittadine e cittadini?
Se per sicurezza s’intende che i cittadini e le cittadine possano pensare che inasprendo le pene le persone si asterranno dall’avere comportamenti illeciti, può anche darsi. È la famosa “sicurezza”: il legislatore la insegue da parecchi anni, ma non ha mai contribuito alla diminuzione dei reati. Se invece si ritiene che queste norme possano portare a un effettivo beneficio in termini di miglioramento dell'esercizio dei diritti di tutti, questo è sicuramente falso.
Possiamo fare un esempio?
Le norme introdotte tendono a inasprire leggi che esistono. Ad esempio, il reato di blocco stradale era stato depenalizzato nel 1999 perché la giurisprudenza aveva fatto capire che quel reato era incostituzionale in quanto limitava troppo la libertà di pensiero, di sciopero e di libera circolazione. Reinserendolo non si fa altro che acuire un problema: si crea solo una situazione più preoccupante e fastidiosa, con ricadute più complesse, rimettendo alla fine al giudice la valutazione in concreto se quel comportamento meriti o meno una pena da sei mesi a due anni, o addirittura di più con le aggravanti. Quelle del decreto sicurezza sono un po’ norme-manifesto.
Facciamo altri due esempi, uno del passato e uno più attuale. Quello del passato è la Whirpool di Napoli, quello più attuale è la Giuliani in Emilia Romagna. Due vertenze che si sono risolte in maniera positiva anche, forse soprattutto, grazie alla mobilitazione dei lavoratori e delle lavoratrici. In entrambi i casi ci sono state forme di protesta che vanno dal blocco ai cancelli al blocco stradale. Se questo decreto fosse stato in vigore, cosa sarebbe successo ai lavoratori e alle lavoratrici?
Il cosiddetto “picchetto”, ossia il comportamento di chi impedisce a terzi di lavorare, è sempre stato punibile. Venivano fatte le indagini, le persone venivano perseguite, però quando si arrivava di fronte alla magistratura con il reato di violenza privata le cose si chiarivano, perché la giurisprudenza è sempre stata molto largheggiante, soprattutto quella di merito, nel contemperare l’esigenza del diritto di sciopero con quella di svolgere l’attività lavorativa. Quando si andava davanti al giudice la violenza privata raramente veniva applicata, perché c'era una esperienza che tendeva a dire che per generare il reato di violenza privata, attraverso il picchetto, ci voleva anche un qualcosa di più della semplice allocazione di un oggetto sulla sede stradale al fine di ostruirla, di ingombrarla, ma bisognava accompagnare la protesta con comportamenti intimidatori nei confronti della persona offesa. E mentre il reato di violenza privata deve essere attivato per querela di parte per essere perseguito, per il nuovo reato di blocco stradale si procede d’ufficio.
Concretamente cosa cambia?
Quanto detto prima cambia moltissimo dal punto di vista dell’applicazione, perché naturalmente la polizia giudiziaria ha l’obbligo di segnalare i reati, appena li vede o ne ha notizia, basta una foto sui social che dimostra che viene impedita la libera circolazione per perseguire. Non è possibile che il legislatore non si sia reso conto di tutto ciò, visto che durante i lavori parlamentari c'è stata una grande mobilitazione. Questo fa pensare che sia diventata una questione politica contro i lavoratori e le lavoratrici. È evidente: se questo reato ci fosse già stato, avrebbe impedito una serie di azioni che sono state molto importanti per dare visibilità a quelle vertenze, portando poi a soluzioni positive.
Questo decreto limita il diritto di sciopero?
Sicuramente sì. Se i lavoratori e le lavoratrici decidono di bloccare una strada sanno che potrebbero essere sottoposti a indagine e a un processo penale, rischiando sia di subire una pena importante sia di essere condannate al risarcimento del danno rilevante. In questo modo le agibilità sindacale e politica piano piano vengono meno.
Guardiamo questo decreto da un altro punto di vista, quello dei migranti.
È stato inserito un reato gravissimo, quello di rivolta – anche pacifica – nei Cpr. Questa è la norma che li colpisce di più, anche in questo caso si colpisce una forma di protesta. Sappiamo bene che i migranti protestano perché le condizioni di vita in quei Centri sono terribili. Insomma, il comune denominatore di questa legge è che dove c'è una protesta – dal blocco stradale all’occupazione delle case contro il caro affitti – il decreto colpisce. Non c’è dubbio che questo è un decreto contro l’azione politica di protesta.
Ma tutto questo non è in contrasto con le libertà e i diritti sanciti dalla Costituzione?
Penso che questa norma nelle sue prime applicazioni subirà delle censure e credo che, molto probabilmente, andrà avanti alla Corte costituzionale. Credo che nel prossimo anno e mezzo sicuramente si andrà alla Corte, ossia la sede nella quale si discuterà del contemperamento tra il diritto di sciopero, il diritto a manifestare, il diritto alla libertà di pensiero e di espressione e la necessità di repressione dei fatti illeciti.