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Mettiamoci nei panni di una famiglia con un figlio o una figlia disabile. Ogni anno la stessa storia: l’insegnante di sostegno cambia perché è precario: non è un’eccezione, succede molto spesso. E si ricomincia, con tutte le incognite del caso. Arriva un decreto che dà la possibilità di chiedere la conferma di quell’insegnante anche per l’anno successivo. Cosa fa questa famiglia? Da questo anno scolastico questa opzione è stata resa possibile, previo via libera del dirigente scolastico, dal decreto legge 71 del 2024.
Una volta “confermato” il docente ha diritto alla precedenza assoluta nell'assegnazione del posto occupato l'anno precedente, bypassando le graduatorie. “Si tratta di una scelta populistica, sbagliata - commenta Manuela Calza, segretaria nazionale Flc Cgil - perché destruttura completamente un sistema di reclutamento che, con tutte le sue difficoltà e i suoi difetti, garantisce trasparenza ed equità, visto che è basato su titolo, servizi svolti, cioè su elementi oggettivi”.
E ancora: “In questo modo poi si affida alle famiglie che sono un soggetto esterno alla scuola la valutazione dell’operato dei docenti. Poiché inoltre si tratta di insegnanti precari, questo significa rendere la loro posizione, proprio perché subordinata al consenso delle famiglie, ancora più fragile, soggetta a ricattabilità”.
Il caso Puglia
Numeri complessivi ancora non ce ne sono, ma è interessante ciò che arriva da alcuni territori. In Puglia, ad esempio, su 9.805 nomine sul sostegno, quasi la metà (4.362) sono arrivate applicando la continuità richiesta dalle famiglie. “Molti docenti meglio posizionati in graduatoria, insomma, sono stati penalizzati e costretti ad assumere incarichi in altri istituti più lontani o sono rimasti senza incarico proprio per effetto della norma voluta dal ministro dell’Istruzione”, commenta il segretario generale della Flc Puglia Ezio Falco, sottolineando un altro fatto grave che sta accadendo nella regione: ben 9 mila insegnanti rimasti senza alcun contratto sono in possesso del titolo di specializzazione. Su Collettiva abbiamo anche raccontato quanto è accaduto a Grosseto e che va nella medesima direzione: tanti insegnanti specializzati sono rimasti senza cattedra dopo le conferme richieste dalle famiglie in favore di docenti senza il medesimo titolo.
Professionalità violata
E questo è il tema nel tema. Non esistono ancora monitoraggi complessivi, ma da alcuni territori giungono denunce del fatto che, appunto, in molti casi i docenti confermati non hanno il titolo di specializzazione per il sostegno (spesso acquisito anche a costo di grandi sacrifici economici) e dunque la loro conferma, riprende Calza, “viola anche i princìpi della professionalità e in qualche modo anche il diritto delle bambine e dei bambini dei ragazzi e delle ragazze con disabilità ad avere un docente individuato in base a dei criteri di qualità”.
“Si tratta in sostanza di una soluzione tampone - osserva la dirigente della Flc - che è dannosa per i motivi citati e che non affronta in maniera strutturale il problema della precarietà nella scuola che riguarda massicciamente gli insegnanti di sostegno: anche quest’anno più del 50% saranno a tempo determinato, secondo le nostre stime in termini assoluti più di 130 mila”. Ma non basta: oltre a questi, che fanno parte dell’organico di diritto, ce ne sono almeno altrettanti che vengono assegnati in deroga, posti sui quali per legge non si possono fare assunzioni a tempo indeterminato.
Torna la “chiamata diretta”?
C’è poi un altro problema che pone il decreto Valditara. Deve essere il dirigente scolastico a dare il via libera alla scelta e, per quanto non è facile dire no a una richiesta che arriva dalle famiglie, tuttavia è evidente, commenta Calza, che in qualche modo “si tenta così di far rientrare dalla finestra la chiamata diretta, cioè quella discrezionalità nel reclutamento che abbiamo pesantemente contrastato all'epoca della Buona scuola”.
La strada da percorrere sarebbe semplice, quasi banale: se davvero si vuole, giustamente, garantire continuità alle famiglie bisogna assumere su tutti i posti realmente disponibili. Ma per questo servono risorse, serve investire sul sistema dell’istruzione, cosa che, come ci hanno ricordato ultimamente Ocse e Commissione europea, il governo non fa.