Senza fine la scia di sangue sul lavoro nel nostro Paese. L’ultima vittima questa mattina, martedì 12 dicembre, in via De Amicis a Borghetto Santo Spirito, provincia di Savona.  

L’uomo, un operaio edile di 61 anni di nazionalità albanese, dipendente di una ditta di Cuneo, è precipitato a terra da circa 8-10 metri d’altezza, mentre si trovava su una impalcatura. L’uomo è morto sul colpo, a nulla è valso l’arrivo dei soccorsi. Sul posto vigili e funzionari dell'ispettorato del lavoro per chiarire la dinamica dell'incidente.

Fillea Cgil e Feneal Uil: “La mattanza continua nell’indifferenza della politica”

In attesa di comprendere la dinamica di quanto accaduto, Fillea Cgil e Feneal Uil denunciano come quella degli infortuni sul lavoro, anche mortali, sia una mattanza che continua nell’indifferenza della politica nazionale e regionale. “Questo, nonostante in Liguria si registrano dati pessimi, soprattutto sugli infortuni mortali e Savona e la sua provincia hanno la maglia nera per numero di morti rispetto agli abitanti – sono oltre 80 i lavoratori e lavoratrici morti nei luoghi di lavoro nel periodo 2012 -2023”.

“Si tratta di una situazione insostenibile e drammatica – hanno dichiarato i segretari generali delle due categorie, Michele Bello e Marco De Andreis –, una emergenza nazionale non più sostenibile: il Governo, anziché aumentare il numero degli ispettori e le ispezioni sui luoghi di lavoro, le risorse agli organi di vigilanza e agli enti preposti, la formazione e la prevenzione, deregolamenta il sistema degli appalti e dei subappalti e non destina nulla a nuovi investimenti”.

"In Liguria – hanno dichiarato Maurizio Calà, segretario generale Cgil regionale, e Federico Pezzoli, segretario generale Fillea Cgil Genova e Liguria – si registra una media di quasi due morti al mese sul lavoro: un dato ignobile che dovrebbe interrogare istituzioni, politica e aziende. Una strage che ha responsabilità politiche precise, basti pensare che in Liguria il numero degli ispettori è molto basso e che con le risorse a disposizione si riesce a controllare solo l’1 per cento delle aziende che risultano essere irregolari per il 71 per cento: è il dato più alto del nord e della media nazionale. Sta passando il concetto che meno lacci e lacciuoli lasciano libera l’impresa di espandersi, che semplificare è meglio e invece si deregolamenta. È necessario rimettere al centro dell’attenzione la tutela di lavoratrici e lavoratori: senza questa volontà non si potrà arrivare ad una decisa inversione di tendenza”.