Il 49% dei contratti di lavoro attivati a Roma nel 2022 è durato un solo giorno". Basterebbe questo dato a lanciare l’allarme sullo stato del lavoro nella Capitale e in Italia. Lavoro povero, dequalificato, “quando serve”, quasi concesso, “se non se ne può proprio fare a meno”. Sono stati oltre 684mila i contratti di questo tipo, attivati per quasi 100mila persone. A lanciare un allarme che diventa istantaneamente denuncia e fotografia di un Paese con un mercato del lavoro davvero alla frutta è il report della Cgil capitolina.

Roma capitale, sì, ma della precarietà

“Sono anni che facciamo questo monitoraggio sul mercato del lavoro – ci racconta Natale Di Cola, segretario generale della Cgil Roma e Lazio –. E anche quest’anno, nonostante l’attesa dovuta a un accenno di ripresa economica, i numeri confermano l’aumento della precarietà e il calo dei contratti a tempo indeterminato”. 

La cosa più preoccupante, però, resta quel dato che scuote le coscienze. “Non soltanto il tempo indeterminato cala rispetto alla precarietà, ma sul totale delle attivazioni a tempo determinato crescono a dismisura i contratti brevissimi, quelli a un giorno o tre giorni, e diminuiscono quelli che, pur essendo precari, avevano una durata più lunga”.

E non finisce qui. Un altro indicatore preoccupante è che “a Roma cresce il numero dei contratti che vengono attivati per la stessa persona nel corso dell’anno”.

Dati che confermano un andamento costante degli ultimi quindici anni, un tempo nel quale “la forbice tra precarietà e lavoro stabile si allarga progressivamente. Una costante che non cambia con il cambiare dei governi e non cambia con il variare del ciclo economico. Questo dimostra che il problema della precarietà è legato alle norme nazionali e ai comportamenti delle aziende pubbliche e private. Fino a quando non sarà vietata la precarietà – dichiara Natale Di Cola – nel nostro Paese assisteremo a una diminuzione del tempo indeterminato e a un aumento di tutto il resto, con un impatto devastante per le fasce di popolazione più deboli: donne, giovani e migranti”.

Un quadro allarmante nel contesto romano, “considerando l’avvicinarsi del Giubileo: siamo convinti che se non si interviene nell’immediato, a livello nazionale e locale, il 2025 e il 2026 li ricorderemo come gli anni in cui ci saranno punte di precarietà ancora più elevate. Eppure tutto questo non sembra preoccupare né la politica né chi fa impresa”. 

Di Cola: “Non solo denuncia, ma punto di partenza per cambiare le cose”

Nelle intenzioni della Cgil i dati che emergono da questo studio non rappresentano soltanto materiale per una denuncia della realtà. “Abbiamo aperto interlocuzioni con la Regione e con il Comune perché vogliamo spiegare alla politica che se non si interviene la situazione è destinata a peggiorare. Non può sfuggire che la precarietà, la diffusione di contratti a termine, di part time, di lavoro povero, ha riflessi anche sull’economia. In un contesto in cui la precarietà coinvolge sia il pubblico che il privato e nel quale dietro ad alcuni ambiti di precarietà si celano tanto lavoro grigio e nero”.

“Non vogliamo rassegnarci a questa fotografia, al fatto che Roma abbia il primato della precarietà. Continueremo a batterci per cambiare le cose”.

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