Giorgio Ortolani, segretario Nidil Cgil Ticino Olona, sta seguendo da vicino il caso di Rosaria Ferro e i rapporti con l’azienda Recuperator.

Segretario, l’azienda sostiene che il contratto di Rosaria scadeva il 4 novembre. È davvero così?

Giorgio Ortolani, segretario Nidil Cgil Ticino Olona

No, non è vero. Nella somministrazione, lo staff leasing è un contratto a tempo indeterminato: la persona viene assunta dall’agenzia per il lavoro e “inviata” all’azienda utilizzatrice, che può mantenerla in missione per anni, senza scadenze automatiche o necessità di nuove lettere di assunzione.

Nel caso di Rosaria, Recuperator aveva inizialmente richiesto personale a tempo determinato, poi, dopo averne valutato la professionalità, ha deciso di trasformare il rapporto in staff leasing a tempo indeterminato.

Non esiste quindi alcuna scadenza naturale: la scelta di interrompere la missione il 4 novembre è stata una decisione autonoma di Recuperator.

L’azienda sostiene di non conoscere le condizioni di salute della lavoratrice.

Anche questa affermazione è poco credibile. Rosaria usufruiva regolarmente dei permessi previsti dalla Legge 104/1992, due ore al giorno, con turni di sei ore invece che di otto. L’azienda organizzava i turni in base a questo, quindi non poteva non esserne a conoscenza. Inoltre, la lavoratrice era stata visitata dal medico competente l’11 giugno, che ne aveva certificato l’idoneità al lavoro con limitazioni.

Recuperator dice di aver assunto altre persone solo temporaneamente, per far fronte a problemi produttivi.

Anche su questo punto abbiamo forti dubbi. Se si è trattato davvero di inserimenti brevi, non c’era alcuna ragione per interrompere la missione di Rosaria. In più, lei stessa è stata incaricata di formare le nuove persone assunte sulla linea in cui lavorava. È un paradosso che sottopone la lavoratrice, già sotto stress a causa della malattia, a ulteriori pressioni psicologiche.

Ci sono ripercussioni economiche per Rosaria?

Sì, e sono pesanti. Formalmente, è ancora dipendente dell’agenzia per il lavoro, ma con la cessazione della missione perde almeno 600 euro al mese. Ha diritto a un’indennità di disponibilità per circa sei mesi, ma si tratta di somme molto più basse rispetto alla retribuzione che percepiva. In pratica, si ritrova a gestire una perdita economica significativa, che complica la vita quotidiana e la gestione familiare.

Questo perché dovrebbe ricominciare da zero il percorso lavorativo, perdendo le progressioni che le spetterebbero secondo il contratto collettivo nazionale che, tra l’altro, ha visto un rinnovo positivo con un 20% di guadagno in più per le persone in somministrazione. Una conquista che noi stessi come Nidil Cgil abbiamo recentemente ottenuto e che vorremmo vedere applicata, senza discriminazioni.

Che cosa chiedete all’azienda?

Chiediamo che Recuperator si comporti in modo coerente con i principi etici del gruppo Carel, che ha ricevuto da poco il premio Italy’s Best Employers 2026. Se volesse davvero rispettare quei valori, potrebbe rivedere la decisione e reinserire Rosaria. In ogni caso, come Nidil Cgil Ticino Olona, la tuteleremo con tutti i mezzi a nostra disposizione.

Un caso isolato?

Tutt’altro. In Italia ci sono circa 500 mila persone in somministrazione, molte delle quali vivono nella precarietà. La storia di Rosaria è l’esempio concreto di come la somministrazione, nata per garantire flessibilità alle aziende, si traduca spesso in assenza di tutele e in disuguaglianze tra chi lavora fianco a fianco.