Khalil Ahmed è arrivato dal Pakistan. Negli ultimi anni ha lavorato in una pelletteria di Campi Bisenzio, uno dei tanti snodi di una filiera dove ancora oggi si annidano abusi e irregolarità. “Continuavo a chiedere un contratto, ma rispondevano ‘oggi, domani’”. Quando finalmente è arrivato, era per sei mesi e sei ore al giorno, “ma io ne facevo dodici”.
Ogni mattina partiva da Firenze. Quando arrivava in ritardo non si fermava un minuto saltando le pause. A un certo punto il titolare gli ha proposto un posto letto vicino alla fabbrica: “Pagavo un affitto e continuavo a lavorare”. Finché il salario non venne più pagato. “All’improvviso mi sono ritrovato senza casa e senza lavoro. Hanno buttato fuori le mie cose”.
Khalil racconta anche violenze fisiche e insulti: “Mi hanno spintonato, sputato in faccia. Cercavano di provocarmi per farmi reagire”. Senza un posto dove andare, si è rivolto alla polizia, che lo ha indirizzato alla Cgil. “Piangevo, non riuscivo a parlare. Mi hanno aiutato a recuperare i vestiti e a trovare un nuovo lavoro”.
La sua testimonianza è risuonata nel flash mob di Firenze contro lo scudo penale per le Pmi, misura che riduce la responsabilità dei committenti nella filiera moda. Per il sindacato significa spalancare nuove zone d’ombra: proprio quelle in cui si consumano storie come la sua.
Oggi Khalil lavora in un’azienda dove contratto, salario e ferie sono rispettati. “Adesso sono felice. Le persone con cui lavoro sono gentili e mi aiutano”.
(traduzione a cura di Waqar Khalid)
























