Via Tornabuoni si è fermata di fronte a un presidio che ha rotto la patina luccicante delle vetrine. Addetti della filiera moda e sindacalisti di Cgil, Uil, Filctem, Uiltec, Fiom, Uilm insieme per denunciare l’emendamento del decreto Pmi considerato uno scudo penale per le imprese committenti in caso di lavoro nero negli appalti. La protesta si è accesa davanti al negozio Hogan con un flash mob che ha attirato l’attenzione dei passanti.
“L’ennesimo brand del lusso commissariato”, ha affermato Alessandro Picchioni della Filctem Firenze, indicando il nodo di una filiera che scarica i rischi sui lavoratori più esposti. Il cuore della contestazione riguarda la certificazione volontaria prevista dal testo. Per il segretario della Cgil Firenze Bernardo Marasco “attraverso questo emendamento si cerca di fare in modo che le imprese non siano chiamate a corresponsabilità di quello che avviene nelle loro filiere”.
Una scelta considerata pericolosa. “Ovviamente è un problema enorme perché di fatto sdogana lo sfruttamento lavorativo. In Toscana, come in Italia, abbiamo bisogno esattamente dell’opposto, di qualificare il lavoro e tutelare le imprese regolari, in un settore già in crisi”.
In piazza c’erano soprattutto lavoratori immigrati. Pakistani, bengalesi, senegalesi, cinesi. Le loro esperienze hanno dato un volto concreto ai numeri dello sfruttamento. Il presidio ha riportato al centro un tema cruciale per il futuro della filiera. Qui non si discute solo di una norma tecnica. Si parla di responsabilità, diritti, trasparenza. L’emendamento contestato rischia di lasciare in ombra proprio quelle parti della produzione dove lo sfruttamento trova spazio. La richiesta che sale dalla piazza è limpida. Regole certe, controlli reali, nessuna zona franca per chi punta al profitto comprimendo la dignità di chi lavora.





















