Migranti, logistica e piattaforme informatiche, sono troppe le disuguaglianze. A denunciarlo un’indagine commissionata dalla Cgil Marche in collaborazione con Filt e Nidil nazionali e realizzata da Vittorio Lannutti, docente di Sociologia dell’ateneo feltresco e della Politecnica. I dati preoccupanti, solo per citare i più eclatanti, svelano che un addetto straniero su cinque ha lavorato senza contratto svolgendo mansioni pericolose, uno su quattro dichiara di essere stato discriminato, quasi la metà ha problemi fisici per rispettare i ritmi di lavoro.  

Un momento dell'iniziativa di Ancona

I risultati della ricerca sono stati illustrati oggi, 27 ottobre, nel corso del convegno “Il prezzo della consegna: logistica, piattaforme e sfruttamento del lavoro migrante nelle Marche”, ad Ancona, presso la sede della Cgil. Con l’introduzione di Eleonora Fontana, segretaria regionale Cgil, sono intervenuti: Vittorio Lannutti, docente Sociologia ateneo Urbino e Politecnica delle Marche, Stefano Malorgio, segretario generale Filt Cgil nazionale, Andrea Borghesi, segretario Nidil Cgil nazionale. Le conclusioni sono state affidate a Giuseppe Santarelli, segretario generale Cgil Marche. “Il lavoro migrante è ancora segnato da disuguaglianza e marginalizzazione – dichiara Eleonora Fontana, segretaria regionale Cgil Marche –, fino a includere vere e proprie forme di sfruttamento con lavoro grigio, nero e violazioni di orari nonché rispetto delle norme di salute e sicurezza”.

L’indagine: nella logistica marchigiana lavorano quasi 9 mila migranti su circa 15 mila addetti

Nelle Marche sono circa 3300 le aziende della logistica con circa 15 mila addetti: secondo i dati della regione Marche, nel primo trimestre 2024, erano 8722 i migranti presenti nel settore “trasporti e magazzinaggio”, secondo la codifica Ateco 2007, di cui 6558 non comunitari, 2047 cittadini europei e 117 con cittadinanza non definita.

La ricerca realizzata è stata effettuata su un campione di 189 lavoratori di cui il 92% uomini e il 6% donne. Il 62% ha meno di 50 anni. La nazione più rappresentata è il Perù con l’11,4%, seguita dal Ghana, 9,1%, Romania, 8%, Pakistan, 7,4%, India, 6,9% e Senegal, 5,7%. Il 41,7% è impiegato nel settore da meno di cinque anni, la maggior parte degli intervistati lavora in una piccola o media azienda della logistica, 43,3%, più di un quarto, il 26,4%, per una multinazionale, il 14% in un’azienda di servizi vari tra cui la logistica, il 13,5% per una cooperativa e il restante 2,8% per un’agenzia per il lavoro. La maggior parte degli intervistati, il 76,5%, è stabilizzato in quanto ha un contratto a tempo indeterminato, il 21,9% è a termine, l’1,6% ha un contratto a chiamata.

Per quanto riguarda le retribuzioni, la maggior parte, il 32,6%, guadagna tra i 1601 euro e i 1800, il 23,4% guadagna meno di 1400 euro. Per lo più, hanno basse qualifiche: il 69% è magazziniere, il 20,3% trasporto merci, 8,6% ultimo miglio.

In tema di discriminazione, per l’86% non c’è il caporalato nella propria azienda, un lavoratore su quattro dichiara di essere stato discriminato. Per quanto riguarda le condizioni di lavoro, il 78,6% non ha mai lavorato senza contratto, uno su cinque ha lavorato senza contratto svolgendo mansioni pericolose, il 43% dichiara di avere problemi fisici per rispettare i ritmi di lavoro. Secondo il 61,6%, il sindacato cui sono iscritti fa tutto quello che può, l’89,4% ritiene utile la presenza del sindacato in azienda.

Il caso Amazon

Eleonora Fontana, segretaria Cgil Marche

Dalle interviste ai testimoni privilegiati, emerge che l’apertura dell’hub Amazon nell’interporto di Jesi avrà un forte impatto a livello di assunzioni con una previsione di circa 800 posti di lavoro. “Tuttavia – si legge nella nota della Cgil Marche – si tratterà di contratti flessibili. Amazon tende a reclutare lavoratori svantaggiati, disoccupati di lungo periodo e persone a basso livello di istruzione. In ogni caso, occupazione temporanea visto che la durata media di permanenza di un lavoratore in un magazzino Amazon è di soli sei mesi”.

“L’apertura dell’hub di Amazon avrà ripercussioni su tutto il territorio – spiega Fontana – e conferma l’espansione della logistica nelle Marche. Per questo, è importante avviare un confronto con la Regione e le istituzioni locali così da garantire la massima integrazione e trasparenza. Fondamentale sarà anche la formazione, a partire dai corsi di lingua ma anche su sicurezza e diritti lavorativi”.