PHOTO
Diciassette storie di donne sopravvissute alla violenza sessuale, raccontate attraverso gli abiti che indossavano al momento dello stupro. Ogni abito racconta una storia, ogni storia rompe un silenzio. La mostra Com’eri vestita arriva alla Camera del lavoro di Monza e Brianza. L’installazione contro la vittimizzazione secondaria si propone di smantellare l’orrendo pregiudizio che aleggia di continuo sulle vittime di stupro.
“Com’eri vestita?” è, infatti, la domanda ricorrente che viene posta loro in ogni contesto: dalle caserme alle aule di giustizia, fino ai media e ai social. Come se ci fosse una correlazione diretta tra la violenza e gli abiti indossati. Come se questi potessero essere assunti in quanto attenuanti nei confronti del violentatore, dimostrando che sì, in fondo “lei, vestita in quel modo, provocava”.
Com’eri vestita? nasce dal progetto What were you wearing?, di Jen Brockman, direttrice del Centro per la prevenzione degli abusi sessuali e per la formazione alla University of Kansas, e da Mary A. Wyandt-Hiebert, responsabile delle iniziative di programmazione presso il Centro di educazione contro gli stupri della University of Arkansas.
“Non è l’abito che si ha indosso che provoca una violenza sessuale ma è una persona a causare il danno”, ha affermato Brockman: “Essere in grado di mostrare premura alle vittime e suscitare maggiore consapevolezza nel pubblico e nella comunità è la vera motivazione”.
Il progetto artistico ha debuttato alla University of Arkansas il 31 marzo 2014, ma undici anni dopo resta ancora terribilmente attuale. “La mostra ci spiega con i vestiti e le testimonianze sulle didascalie quali difficoltà, sensi di colpa e ulteriori violenze debbano affrontare le vittime della violenza degli uomini contro le donne", spiega la Cgil Monza e Brianza: “Con questa esposizione vogliamo sostenere il coraggio delle donne che hanno denunciato e denunciano, dicendo loro che non saranno mai sole”.
Con l’autorizzazione delle ideatrici, il progetto è arrivato in Italia grazie a Libere Sinergie l’8 marzo 2018. Da allora ha iniziato un lungo viaggio in tante città e tanti luoghi. L’associazione è impegnata nel contrasto di ogni forma di violenza e discriminazione fondata sulla differenza di genere.
La Cgil Monza e Brianza ribadisce quanto, per l’organizzazione confederale tutta, il contrasto alla violenza contro le donne sia un impegno prioritario e quotidiano. “Non è un problema delle donne – si legge nella presentazione - lo è sicuramente più degli uomini che compiono violenze e femminicidi ed è una sconfitta per la società intera. La violenza ha diverse forme e lo stupro e i femminicidi sono le più terribili, la punta dell’iceberg, quelle più evidenti e che c’indignano di più”.
In occasione della presentazione della mostra, la Cgil ha condiviso alcuni dati relativi al territorio brianzolo, che confermano un divario di genere ancora enorme per quanto riguarda la stabilità lavorativa, gli orari di lavoro, le retribuzioni, la pensione. Sul totale dei contratti a tempo indeterminato attivati nel 2024 solo 1/3 riguarda le donne e il 37,8 per cento di queste lavora con contratto part-time. Nel privato il reddito medio di un lavoratore è più alto del 40 per cento rispetto a quello medio di una lavoratrice, mentre nel pubblico il divario è del 22 per cento.
In Brianza le donne vanno mediamente in pensione tre anni dopo gli uomini per via delle basse retribuzioni, del part-time involontario e della discontinuità lavorativa, anche in conseguenza del lavoro di cura. In media un pensionato ha un reddito superiore dell’85 per cento di quello di una pensionata.
La mostra sarà visitabile presso la sede della Camera del lavoro fino al 24 dicembre. Si apre con l’omonimo poema di Mary Simmerling, che ha dato ispirazione per l’allestimento.
























