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“Il nostro obiettivo è raggiungere il quorum. Non abbiamo promosso il referendum contro qualcuno, ma per ridare dignità e diritti a chi lavora”. Lo afferma il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, in un’intervista oggi a Repubblica.
La chiamata alle urne è stata pensata “per cancellare leggi sbagliate volute da governi di centrodestra e centrosinistra – prosegue -. E che rendono il lavoro precario, povero, spesso mortale. Vedo crescere partecipazione e volontà di votare. Anche se un quarto delle persone non sa ancora che si vota”.
Far tornare alle urne chi non vota più
Il leader di Corso d’Italia sta girando il Paese da molte settimane. “Dagli autogrill ai mercati, la gente mi riconosce, mi chiede – riferisce –. A Trento una signora mi ha detto che da anni non vota, ma questa volta sì, perché si vota per qualcosa, non per qualcuno. È questo il punto: far votare chi non vota più. I quesiti parlano di lavoro, precarietà, cittadinanza, morti sul lavoro, appalti. Di vita vera”.
Al centro lavoro e democrazia
Il referendum vuole aprire una nuova fase politica. “In venticinque anni – spiega – ci hanno detto che meno diritti e più mercato avrebbero migliorato tutto. Ma oggi si è poveri lavorando, la precarietà è diffusa, gli investimenti calano. Se la maggioranza dei cittadini vota per cambiare, è un segnale fortissimo”.
Insomma, attualmente in Italia bisogna “tornare a mettere al centro lavoro e democrazia. Ricostruire solidarietà e senso di appartenenza. Dare un futuro a generazioni che vivono una precarietà senza fine”.
L’antidoto per la fuga dei giovani
A proposito dei giovani che stanno lasciando l’Italia, riflette il segretario, “Nel 2024 ci sono stati 3,7 milioni di avviamenti al lavoro con contratti a termine. Il 52% a donne, ma solo il 18% viene stabilizzata. Retribuzione media: 11 mila euro lordi l’anno per meno di 155 giorni. Anche un ingegnere con contratto a termine – dunque – non ottiene né un prestito né un mutuo. Come fanno le persone a costruirsi una vita?”, si chiede Landini: “Il lavoro deve tornare stabile, sicuro, ben pagato. Solo così si dà speranza”.
Irresponsabile l’invito all’astensione
Si torna poi a parlare degli inviti all’astensione che arrivano dalle forze di centrodestra: “È irresponsabile. Il diritto al voto è anche un dovere, come ha ricordato il costituzionalista Ainis. Chi ha incarichi pubblici deve dire come la pensa, non sperare nel fallimento del quorum. Di cosa hanno paura? Che la gente sia meno precaria, muoiano meno persone, ci siano più diritti di cittadinanza, meno appalti al massimo ribasso e più tutele contro i licenziamenti ingiusti?”.
Il referendum è un voto diretto
In generale, continua Landini, “chi invita a non votare difende questo modello sociale che arricchisce solo qualcuno. Non dico che tutti debbano votare sì. Ma almeno andare alle urne. La maggioranza di chi non vota è anche quella che sta peggio. Votando, avrà la possibilità di cambiare la propria condizione”. La maggiore affluenza alle ultime comunali è un segnale “positivo, ma non basta” perché “servono anche i delusi”.
In tal senso va ribadito con forza lo strumento del referendum: “Un voto diretto, non su un partito o un leader. Ci trasforma in parlamentari per un giorno. Lo ripeto nei mercati: non votate per me, ma per voi e i vostri figli”.
Referendum non simbolico, ma concreto
Alla domanda se si tratti di un referendum “simbolico”, il leader Cgil risponde così: “Chiedete a chi è stato licenziato ingiustamente se vuole tornare al lavoro o avere due spiccioli. A chi è senza cittadinanza da 20 anni se ha un diritto in più o uno in meno. Se passa il referendum, milioni di persone avranno più tutele. Non è simbolico: è concreto”. Il Jobs Act “toglie dignità”, continua: “Se sei licenziato ingiustamente, ti danno dei soldi ma non torni al lavoro. Il contratto a tutele crescenti ha eliminato la reintegra. È una regressione culturale: il lavoro come merce”.
In caso di vittoria dei sì, torna l’articolo 18 versione Fornero? Per l’ennesima volta Landini chiarisce: “Il diritto al reintegro riguarda 4 milioni di assunti dopo il 7 marzo 2015 e tutte le future assunzioni. Altri 4 milioni lavorano in aziende sotto i 15 dipendenti. Poi ci sono i contratti a termine e 2,5 milioni senza cittadinanza. Il referendum migliora i diritti di milioni di persone. Così il voto è una rivolta”.
Tutti al voto, quorum possibile
Infine, un passaggio sull’incontro con Confindustria previsto per il 26 giugno. Ecco cosa chiederà il sindacato: “Non patti, ma accordi. Rinnovo dei contratti, aumenti salariali, rappresentanza e diritto di voto ai lavoratori per superare i contratti pirata. Stop al massimo ribasso negli appalti per più sicurezza. Se le imprese vogliono soldi pubblici, come sono tornate a chiedere, devono investire e alzare i salari. Non solo i profitti”.
Conclusione ancora sul quorum: “Come diceva Boskov: “Partita finisce quando arbitro fischia”. E si fischia il 9 giugno. Fino ad allora lavoriamo per portare tutti al voto. Ci crediamo”.