I numeri sono davvero impressionanti. 500 piattaforme digitali operative in Europa forniscono un reddito a oltre 29 milioni di persone, che secondo le stime della Ue dovrebbero arrivare a 43 milioni l’anno prossimo. Consegnano cibo, traducono testi, immettono dati, fanno babysitting, puliscono case, guidano taxi. Lavoratori dei settori più diversi che sottostanno alle indicazioni, alla direzione e spesso al controllo di un algoritmo, le cui condizioni non sono ancora abbastanza conosciute né contrattate.

Premio di laurea

Per questo Nidil Cgil ha istituito il premio di laurea “Voce dei rider” in memoria di Antonio Prisco, militante e dirigente del sindacato prematuramente scomparso nel 2021, e il 3 maggio con l’evento “Il lavoro nell’era delle piattaforma digitali” presenta la tesi vincitrice a Napoli e in diretta su Collettiva.it. Un’occasione per discutere e approfondire questi temi con docenti universitari, esperti e sindacalisti.

“La nostra iniziativa nasce dalla volontà di valorizzare la storia di questo nostro compagno, attraverso un premio del quale pensiamo sarebbe stato felice – spiega Andrea Borghesi, segretario generale Nidil -. Abbiamo legato a lui la possibilità di studiare un mondo che lui stesso aveva affrontato e con cui si era confrontato dal punto di vista sindacale, in particolare nell’ultimo periodo della sua vita, diventando portavoce dei rider e facendosi carico di sostenere le loro rivendicazioni sulle condizioni di lavoro e di sicurezza”.

Paga l’algoritmo

Il premio è in collaborazione con l’università Federico II di Napoli e usa un risarcimento danni riconosciuto al sindacato dal tribunale di Bologna, che ha condannato le piattaforme in quanto l’algoritmo discriminava i rider per il cosiddetto ranking reputazionale: in pratica, riduceva le occasioni di lavoro a chi si assentava per iniziative di carattere sindacale o per malattia o altro.

Il funzionamento e la trasparenza dell’algoritmo sono tra gli ambiti sui quali maggiormente le organizzazioni si stanno battendo negli ultimi anni, anche nelle aule di giustizia. Ma non è l’unico. Le azioni, le iniziative di lotta e le sfide sono tante.

Il caso Amazon

“C’è ancora molto da scoprire e da studiare, perché l’uso delle piattaforme ha modificato l’organizzazione del lavoro e le relazioni, quelle sindacali e quelle lavoratore-datore – aggiunge Borghesi -. Che cosa significa managment algoritmico, che cosa avere la direzione e il controllo da parte di una macchina, di un sistema automatizzato, e non di un soggetto fisico, di una persona. La tesi che ha vinto, Il rapporto tra automazione e controllo: il caso Amazon come spazio della sorveglianza automatizzata di Arianna Petrosino, è meritevole di attenzione perché evidenzia come Amazon mette insieme il sistema di controllo da remoto dell’attività delle persone con l’automazione dei processi e il controllo sulla loro esecuzione. A partire da questo vorremmo fare un ragionamento più ampio sulle altre piattaforme digitali, che sebbene non abbiano stabilimenti fisici come quelli di Amazon, esercitano modalità di controllo simili”.

Lavoratori digitali in Italia

Secondo l’ultimo report Istat sui lavoratori delle piattaforme, in Italia nel 2022 erano 565 mila le persone tra i 15 e i 64 anni che hanno svolto almeno un’ora di lavoro su piattaforma digitale. Si tratta dell’1,5 per cento della popolazione residente in quella fascia di età, più uomini che donne. Due terzi hanno usato un’unica piattaforma, il 22,3 per cento almeno due per svolgere lo stesso tipo di attività, il 10,1 per cento più piattaforme per attività diverse.

Vendo, consegno, creo, affitto

Quelle più frequenti? La vendita di beni, la consegna di merci (incluso cibo), la creazione di contenuti (Youtube, Instagram e simili), l’affitto di case o stanze, i servizi informatici (programmazione, coding, webdesign, supporto e controllo di contenuti online), le attività di insegnamento, tutoring e traduzione, i lavori manuali (elettrici, idraulici, pittura, ecc.) e di cura, il servizio di taxi e trasporto passeggeri.

Direttiva rider

Per dare un quadro normativo uniforme a questa massa di persone che è in continua crescita, il parlamento europeo ha adottato una direttiva con l’intento di garantire che gli occupati delle piattaforme dispongano di una classificazione corretta della loro posizione lavorativa e di correggere il lavoro autonomo fittizio.

Le nuove norme obbligano i Paesi membri a introdurre una presunzione di rapporto di lavoro subordinato quando sono presenti fatti che indicano il controllo e la direzione, conformemente al diritto nazionale e ai contratti collettivi, e tenendo conto della giurisprudenza della Ue. In questo caso, in base al principio dell’inversione dell’onere della prova, spetterà alla piattaforma dimostrare l'assenza di un effettivo rapporto di lavoro dipendente.

La tavola rotonda

Tanti i temi in campo, quindi, nell’incontro organizzato dal Nidil il 3 maggio alle 10 (sala del Consiglio metropolitano in piazza Santa Maria La Nova 12). Dopo i saluti di Nicola Ricci, segretario generale Cgil Napoli e Campania, e l’introduzione di Luisa Diana, segretaria nazionale Nidil, la presentazione della tesi “Il rapporto tra automazione e controllo: il caso Amazon come spazio della sorveglianza automatizzata” a cura di Arianna Petrosino.

A seguire, una tavola rotonda moderata da Roberto Rotunno, Il Fatto Quotidiano, a cui parteciperanno Alessandra Ingrao, docente di diritto del lavoro e diritto sindacale e relazioni industriali all’università di Milano; Giustina Orientale Caputo, docente di Sociologia del lavoro all’università di Napoli Federico II; Antonio Pescapè, docente di ingegneria elettrica e tecnologie dell’informazione all’università di Napoli Federico II; Andrea Borghesi, segretario generale Nidil.