È sciopero nazionale dell’intero comparto dell’igiene ambientale. Niente raccolta dei rifiuti nelle città del Paese, fermi anche gli addetti agli impianti di trattamento dei rifiuti, depurazione delle acque e gli operatori cimiteriali. Parliamo di circa 110mila lavoratori e lavoratrici che da dicembre 2024 aspettano il rinnovo del contratto e hanno trovato solo l’assoluta chiusura delle parti datoriali rispetto alle istanze delle organizzazioni sindacali.

“La Cgil esprime tutto il suo sostegno e la sua vicinanza alle lavoratrici e ai lavoratori del settore dell’igiene ambientale oggi in sciopero nazionale, indetto anche dalla Fp Cgil, per chiedere un rinnovo contrattuale che sia adeguato e ulteriori investimenti per la valorizzazione del personale". È quanto dichiara il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, secondo cui "è necessario rinnovare un contratto scaduto da quasi un anno, garantendo maggiori tutele e implementazione del salario, e dando risposte certe e concrete sulle gravi problematiche presenti nel settore, a partire da quella legata alla salute e sicurezza”.

“L’Igiene ambientale - prosegue il segretario generale della Cgil - detiene infatti il triste primato di infortuni, spesso mortali, nei servizi pubblici locali. Tutto ciò è inaccettabile e il contratto deve tutelare maggiormente la salute e la sicurezza di chi svolge un lavoro indispensabile ma gravoso”.
“Inoltre - aggiunge - è fondamentale che vengano riconosciuti gli aumenti di stipendio alle lavoratrici e ai lavoratori affinché si recuperino le differenze create dall’inflazione”.

Aumento dei salari, maggiori tutele per le lavoratrici e i lavoratori, stabilizzazione e valorizzazione del personale: sono tutti temi prioritari per la Cgil e anche per questo - ricorda in conclusione Landini - saremo in piazza a Roma il 25 ottobre per una grande manifestazione nazionale che si concluderà a piazza San Giovanni”.

Lavoro delicato e poco considerato

Sono operatori ecologici, autisti, addetti alle officine, agli impianti di trattamento dei rifiuti e di depurazione delle acque; e ancora operatori dei settori tecnico-amministrativo e tutte le altre professionalità complementari e di supporto al ciclo integrato dei rifiuti. Inoltre, del comparto fanno parte anche i circa mille addetti del settore funebre e cimiteriale delle aziende pubbliche. Non più e non solo si occupano di raccogliere i rifiuti e di tener pulite strade e piazze: sono professionisti che garantiscono la gestione del sistema dei rifiuti nel ciclo integrato di raccolta, smaltimento e riuso. Insomma, la tutela dell’ambiente e quindi la difesa della salute dei cittadini e cittadine è affidata anche a loro.

Chiedono dignità

La prima rivendicazione che anima la mobilitazione e lo sciopero è un rinnovo del Ccnl che tenga conto maggiormente dei nuovi bisogni degli addetti e delle trasformazioni in atto nel settore. I lavoratori denunciano infatti carichi di lavoro sempre più pesanti e una classificazione del personale ormai obsoleta, che non rispecchia più le reali mansioni, in particolare negli impianti di trattamento e smaltimento. Ma Utilitalia, Cisambiente-Confindustria, Assoambiente e le Centrali Cooperative sono rimaste sorde: la piattaforma portata al tavolo di trattativa da Fp Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Fiadel non è stata proprio presa in considerazione, lo sciopero dunque è rimasto l’unico strumento per farsi ascoltare.

La richiesta sul salario

La busta paga non è certo elevata, il salario medio netto di un operatore si aggira attorno ai 1.300 euro al mese. La richiesta dunque è quella di un recupero dell’inflazione che ne ha decurtato il potere di acquisto. È bene ricordare che stiamo parlando di un settore in forte espansione e che sarà “l’eldorado” del futuro. Hera, DueA, Iren sono aziende da fatturato stellare i cui amministratori delegati hanno stipendi “adeguati” a quel fatturato, ma che farebbero inorridire Olivetti o Valletta vista la sproporzione con quello dei dipendenti. Le richieste sono semplici e chiare: aumentare la retribuzione mensile attraverso il recupero del potere d’acquisto eroso dall’inflazione del triennio 2022-2024 e da quella prevista per il triennio 2025-2027; riqualificare il sistema delle indennità per valorizzare qualità e produttività delle prestazioni lavorative; implementare il welfare contrattuale con la riqualificazione dei contributi per la previdenza integrativa. Risposta? Nessuna.

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La sicurezza non è un gioco

Le richieste sono nette e chiare, più sicurezza negli impianti e nelle strade, chiedono di istituire una specifica figura di Rlssa negli impianti; e anche gli Rlssa di sito produttivo, che possono intervenire al controllo delle aziende in appalto, per monitorare le effettive applicazioni di salute e sicurezza dei luoghi di lavoro e dei lavoratori stessi. Inoltre nella piattaforma delle organizzazioni sindacali si chiede di includere le violenze, le molestie e i rischi psicosociali correlati, nella gestione della salute e della sicurezza sul lavoro, nell’ambito dell’elaborazione del Documento di valutazione dei rischi e di condividere un protocollo anti-aggressione nazionale da far adottare alle imprese del settore. Risposta? Nessuna.

Il lavoro cambia, ma non il contratto

Non solo spazzini che con scopa e pala puliscono le strade. Sono cambiate funzioni e mansioni, ma il contratto prevede una classificazione del personale ormai obsoleta. Fp Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Fiadel non chiedono la luna ma di modernizzare la classificazione per inquadrare correttamente le mansioni ridefinite dal progresso tecnologico, dalla diffusione dell’impiantistica e dallo sviluppo industriale del settore. Risposta? Non solo mantenere inalterata l’articolazione delle mansioni, ma introdurre una serie di meccanismi che rallenterebbero la dinamica salariale.

Le altre rivendicazioni

Nella piattaforma che ai datori di lavoro proprio non piace si chiede anche di ridurre il gap salariale per i neo assunti, rafforzare il contrasto alle discriminazioni e alle violenze di genere, garantire la stabilità occupazionale e rafforzare la tutela dei lavoratori impiegati negli appalti, a partire dall’obbligo di applicazione contrattuale anche per le cooperative sociali; contrastare il dumping contrattuale che colpisce soprattutto i lavoratori della cooperazione sociale. Risposta? Nessuna.

Lo sciopero è un diritto

Il servizio, giustamente, è ritenuto essenziale e quindi è sottoposto alla normativa sul diritto di sciopero che però è già di per sé restrittiva. Le parti datoriali non sono soddisfatte e vorrebbero peggiorala. Dice Massimo Cenciotti, responsabile settore igiene ambientale della Fp Cgil: “Per i netturbini scioperare pesa due volte, innanzitutto perché viene decurtata la giornata dalla busta paga ed è un problema visto quanto guadagnano. Ma se sciopera un conducente di autobus la corsa viene annullata e finisce li; se sciopera un addetto alla raccolta dei rifiuti il giorno dopo ne troverà in strada il doppio. Scioperare per il contratto e le condizioni di lavoro è un diritto costituzionale che vogliamo difendere”. Già, perché Utilitalia, Cisambiente-Confindustria, Assoambiente e le centrali cooperative con il trucco dell’aumento dei minimi sostanzialmente vogliono ridurre ulteriormente la possibilità di astenersi dal lavoro e di conseguenza anche diminuire la possibilità di riuscita dello sciopero. Come? Presto detto: chiedono venga aumentato il minimo di lavoratori e lavoratrici che non possono scioperare per garantire il servizio essenziale portandolo a quasi il 60% degli addetti.

Le ragioni dello sciopero

“È chiara la volontà delle imprese di non concludere il rinnovo contrattuale e di cogliere i presunti vantaggi che il mancato rinnovo del Ccnl porta alle ‘casse aziendali’ a danno delle lavoratrici, dei lavoratori e dei cittadini”. Lo afferma Cenciotti che aggiunge: “Quello delle parti datoriali è un approccio di attacco al valore del lavoro, alle professionalità, al reddito di chi ogni giorno garantisce un servizio pubblico essenziale per la collettività”. E allora il 17 si sciopera e la prossima settimana si riunirà l’attivo nazionale unitario dei delegati e delegate per decidere come proseguire a mobilitazione.