"Il 43% delle lavoratrici e dei lavoratori under 35 del Lazio ha una retribuzione annua lorda inferiore ai 10.000 euro, si tratta di oltre 227 mila dipendenti delle aziende del settore privato non agricolo. Il 69% di loro ha un contratto a tempo determinato o stagionale, il 59% ha un contratto part time, il 54% nel corso dell’anno non riesce a lavorare complessivamente per oltre 3 mesi”. Dati di realtà con cui la Cgil di Roma e del Lazio lancia, ancora una volta, l’allarme su una condizione, quella del mercato del lavoro, ormai drammatica.

Sempre peggio. Passata una generazione, il film denuncia del 2009, Generazione Mille Euro, di Massimo Venier, sembra un sogno irraggiungibile per i precari dei nostri giorni. E purtroppo non è cinema, è realtà la condizione delle lavoratrici e dei lavoratori del territorio. Tra contratti precari, part time involontario e discontinuità del lavoro determinato le paghe sono da fame. Anche perché a Roma con 500 euro al mese vivere, ma anche sopravvivere, è impossibile.

Cresce l’occupazione è il mantra rassicurante che il governo ripete a reti unificate. Peccato che il lavoro è sempre più povero e senza qualità. La fotografia scattata dal sindacato evidenzia la difficoltà delle giovani generazioni a entrare nel mondo del lavoro e, soprattutto, a entrarci in condizioni dignitose.

“Gli under 35 con bassissime retribuzioni sono per il 49% donne e per il 51% uomini, ma l’incidenza è più alta tra le donne. Il 48,2% delle giovani donne che lavorano ha una retribuzioni al di sotto dei 10.000 euro, tra gli uomini si scende al 38,5%. Più in generale la concentrazione delle giovani lavoratrici è più alta nelle classi di retribuzione più basse”.

“Guardando ai settori lavorativi, la maggiore incidenza è nelle attività artistiche e sportive, con il 70% degli under 35 al di sotto dei 10.000 euro di retribuzione annua lorda, nelle attività dei servizi di alloggio e ristorazione, con il 63%, nei servizi di informazione e comunicazione con il 52%. Un’importante incidenza è anche nei settori privati dell’istruzione, della sanità e dell’assistenza sociale”.