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“La mia rabbia? È che noi siamo in trincea ogni giorno e poi all’improvviso arrivano dichiarazioni come quelle dell’onorevole Giorgia Meloni. Offese pure e semplici. Illazioni perché con gli operai fanno tutti gli sceriffi, ma contro i padroni mai nessuno che ne abbia il coraggio”. Rosy Scollo non è solo una sindacalista della Fiom Cgil di Catania. È una sindacalista arrabbiata. Oggi lo è più di ieri perché ha ricevuto la telefonata di un lavoratore.
Piccola azienda metalmeccanica, settore delle installazioni telefoniche, appalto. Si deve trattare un accordo per la cassa integrazione e gestire così l’emergenza Covid-19. Nei giorni scorsi un gruppo di addetti si è rivolto a lei. Sono rimasti d’accordo che li avrebbe seguiti nella trattativa, gli operai le hanno chiesto come funziona, lei ha spiegato che al momento la priorità non sono né deleghe né tessere ma trovare un’intesa che li tuteli con la promessa che, una volta superata l’emergenza, avrebbero potuto conoscersi in assemblea: l’iscrizione al sindacato è volontaria. Non si fa mai sotto ricatto. O meglio: non si dovrebbe fare mai sotto ricatto. Ed ecco la telefonata.
L’operaio che chiama si scusa. Ha fatto tutto il datore di lavoro. Deleghe compilate con tanto di sigla sindacale autonoma. A loro non è rimasto che metterci la firma. Hanno provato a insistere nel dichiarare che volevano un’altra rappresentanza ma proprio non era aria. “Avete capito? - ci dice Scollo al telefono - Poi ti tocca sentire il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia che invoca il buon senso reciproco quando si discute di attività essenziali. Dov’è il buon senso in comportamenti come questo? Perché forse lo hanno dimenticato ma è la nostra Costituzione a stabilire che l'associazione a un sindacato è una scelta libera e volontaria del lavoratore e che non può essere il padrone a scegliersi l’organizzazione di comodo che più gli conviene”.
L’abuso è tanto grave da ledere i diritti costituzionali. Sono queste le violazioni su cui politica e istituzioni dovrebbero ragionare. Ma le logiche da campagna elettorale dettano altri slogan come l’idea di togliere l’obbligo di contrattazione sindacale per accedere alla cassa integrazione durante la fase dell’emergenza. “Non è il momento di gonfiare le casse dei sindacati”, ha scritto nei giorni scorsi Giorgia Meloni sul suo profilo Facebook. Che sia forse il momento di lasciare i lavoratori alla mercé di aziende come quella di Catania che la legge se la fanno da sé e impongono le loro regole nei loro piccoli feudi? “Prima di parlare, postare o twittare dovrebbero venire da noi, - continua Scollo - a vedere davvero come si lavora giorno dopo giorno nella catena spietata di appalti e subappalti. Lì il ricatto funziona sempre soprattutto in terre come la nostra dove il lavoro manca. Con l’aggravante che oggi il ricatto funziona persino di più perché sappiamo tutti che dopo l’emergenza bisognerà ricostruire ma da noi reggere sarà ancora più difficile. Pensate che qui tanti vanno a lavorare anche se non dovrebbero, anche se non hanno dispositivi di sicurezza. Lo fanno con il cuore in gola. E lo fanno in silenzio perché sentono di non avere alternative, di essere con le spalle al muro”.
Cosa accadrà adesso ai lavoratori di quella piccola azienda che volevano rivolgersi alla Fiom? “Una cosa è certa – promette la sindacalista – noi non lasciamo indietro nessuno, e non lo faremo anche in questo caso. Controlleremo quell’accordo perché il timore è che l’impresa voglia approfittare di questa situazione emergenziale. Quando noi trattiamo vigiliamo sull’anticipo della cassa, sulle spettanze che non devono essere tagliate, sul rispetto del contratto collettivo nazionale di lavoro. Questa sigla autonoma farà lo stesso? Staremo a vedere. Noi teniamo alta la guardia. Al lavoratore che mi ha chiamato ho ricordato che è libero: libero di iscriversi e libero di cancellarsi e che noi resteremo comunque a disposizione”.
La trincea in cui Rosy Scollo lavora quotidianamente è fonda e attraversa tutto il tessuto industriale catanese. “Io vengo dalla fabbrica, dalla più grande che c’è qui in zona, la STMicroelectronics, pensate che anche lì siamo al braccio di ferro perché l’azienda ha ridotto il numero degli impiegati al lavoro attraverso lo smartworking ma in produzione la paura è tanta. Il clima si è inasprito. Chi lavora da casa vuole che si continui a produrre e chi continua a produrre teme, giustamente, per la propria vita”. Sembrano riemergere da chissà dove le vecchie divisioni tra tute blu e colletti bianchi. “Già. - conclude Scollo amareggiata - Siamo essenziali ovunque noi metalmeccanici: negli appalti pubblici e privati, nelle grandi e piccole aziende, negli ospedali che senza di noi avrebbero ascensori, camere iperbariche e sale operatorie chiuse, eppure tutti quelli che pontificano dai divani della politica alla fine fanno gli sceriffi proprio e solo con noi”.