Il 3 novembre scorso, come ogni anno, abbiamo ricordato la figura di Giuseppe Di Vittorio in occasione dell’anniversario della sua scomparsa. Lo facciamo a Cerignola, che non fu soltanto la sua città di nascita ma crocevia della sua formazione politica e sindacale.

Quel territorio del Sud dove prevalente era il lavoro bracciantile, in un’epoca – all’inizio del ‘900 – in cui le condizioni di vita sono durissime, i salari da fame, la fatica va dal sorgere al calare del sole. Dove i padroni sono prepotenti e rozzi, nei quali “vi è in fondo la convinzione che i contadini non sono uomini come loro”, scriverà il professor Enrico Presutti negli atti della Commissione d’inchiesta parlamentare del 1907 che il governo Giolitti istituisce per indagare le condizioni dei lavoratori della terra nelle province meridionali, motivata dal clima di scontro di classe primitivo, da moti di protesta cruenti, repressi nel sangue dalle forze dell’ordine.

La masseria Cirillo a Orta Nova, primo luogo di lavoro di Giuseppe Di Vittorio

Una lotta per la dignità e l’emancipazione pagata con la vita da centinaia di lavoratori e che porterà alla definizione di “Puglia terra degli eccidi cronici”. In questa temperie cresce il giovane Peppino, costretto per la prematura scomparsa del padre a lasciare la scuola e lavorare nelle terre fin da piccolo.

Coltiviamo la memoria perché la storia di Di Vittorio è inscindibile da quella del sindacato e della Cgil, perché vi è un patrimonio di valori, lotte, idee che non può essere disperso e che ha rappresentato la via del progresso sociale, civile e democratico del Paese. Una memoria mai fine a sé stessa, che parla all’oggi e al futuro più che al passato, per indagare temi di straordinaria attualità: il valore del lavoro e la sua centralità nella società italiana, strumento di emancipazione individuale e collettiva e ad esso connessi quei diritti che danno forma e sostanza alla cittadinanza.

Temi che sono l’assunto fondamentale del patto Costituzionale, di quella Carta che Di Vittorio ha contribuito a scrivere, dove l’interesse del mondo del lavoro coincide con l’interesse generale del Paese. E ancora: il valore della cultura, della conoscenza, che era liberazione dal giogo dell’ignoranza, elevazione sociale e della dignità umana e assieme accesso a strumenti di critica del presente. Il valore dell’autonomia e della confederalità, così come quello dell’unità dei lavoratori e delle lavoratrici, quel lascito fondamentale “lottate uniti, restate uniti”.

Masseria Cirillo, il monumento a Di Vittorio

Princìpi e valori che oggi più che mai sono pericolosamente sotto attacco, dopo un trentennio di politiche neoliberiste che hanno scientemente frammentato il mondo del lavoro, indebolito il suo valore sociale, compresso diritti. Un attacco che oggi si estende a libertà e garanzia democratiche, come il diritto allo sciopero. Con una destra arrogante e senza cultura istituzionale che non riconosce il ruolo della rappresentanza sociale, o meglio – come ai tempi del fascismo – solo quella che non si oppone ai suoi disegni di stravolgimento della Costituzione e di attacco alle tutele sociali.

In tutto questo Giuseppe Di Vittorio è memoria viva, ancora cuore pulsante di un’idea e di un fare sindacato: aderenza ai bisogni e alla realtà delle persone, solidarietà, passione, studio e lotta, unità, non sono parole vuote. E precorrendo le strade di Peppino se ne percepisce tutta la forza emotiva, la straordinaria carica civile.

Da qui l’idea e la proposta: facciamo del 3 novembre una data fondamentale nel percorso di impegno e consapevolezza di ogni dirigente, delegata o delegato della Cgil. Non un’iniziativa del territorio ma un momento di confronto e dialogo che investa tutta l’organizzazione, un appuntamento nazionale – con il sostegno e il contributo storico e di formazione della nostra Fondazione intitolata a Giuseppe Di Vittorio – che porti a un pellegrinaggio laico e civile in questi luoghi da tutta Italia, con spirito di ricerca e riflessione.

Fuori dal mito e da ogni visione idealizzata, momento per corroborare l’impegno di ognuna e ognuno, perché – come ci ricorda proprio Di Vittorio nel suo ultimo discorso a Lecco – “la vita del militante sindacale è una vita di sacrifici”. Spesso di amarezze e delusioni, ma sempre conservando la consapevolezza di “profonda soddisfazione nel servire una causa veramente alta e giusta”.

Gigia Bucci, segretaria generale Cgil Puglia