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La distanza c’è, ed è pure tanta. I sindacati chiedono un aumento di 150 euro, le imprese ne offrono appena 65. E poi vanno ben approfondite anche altre questioni, come la contrattazione di secondo livello. Ma il confronto tra Federmeccanica-Assistal e sindacati per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici va avanti, e oggi (mercoledì 9 dicembre) vedrà un nuovo appuntamento. Vertice (alle ore 12) che segue i tre incontri “tecnici” di martedì 1, mercoledì 2 e giovedì 3, dove sono stati affrontati temi di carattere normativo (come inquadramento professionale, mercato del lavoro e politiche attive, formazione continua, sistema degli appalti e lavoro agile).
Dopo la rottura del dialogo avvenuta il 7 ottobre, e lo sciopero generale di quattro ore del 5 novembre, il tavolo si è riaperto il 26 novembre (a più di un anno dall’inizio della trattativa e dalla presentazione della piattaforma sindacale) con l’offerta salariale da parte degli industriali di 65 euro. “La proposta di un aumento con l’esplicitazione di un importo è una novità positiva, ma resta inadeguata nella forma e nelle quantità”, ha commentato la segretaria generale della Fiom Cgil Francesca Re David: “Le distanze sono ancora molto ampie e la trattativa non può prescindere dalla piattaforma approvata dalle lavoratrici e dai lavoratori, che ha al centro l’aumento dei minimi salariali dell’8 per cento”.
L’incremento ipotizzato da Federmeccanica-Assistal si compone della rivalutazione dei minimi all’inflazione, con adeguamento ex post all’indice Ipca (da versare a giugno di ogni anno), cui va aggiunto l’elemento di valorizzazione del lavoro collegato alla riforma dell’inquadramento (da erogare a luglio). Nel dettaglio, il trattamento retributivo complessivo è di 18 euro lordi nel 2021, 21 euro nel 2022 e 26 euro nel 2023 (per il quinto livello). L’aumento sarebbe appena di 65 euro, per di più solo alla fine dei tre anni, davvero troppo poco per i sindacati.
Ma c’è di più. La proposta di Federmeccanica-Assistal prevede che le aziende che nel 2020 non hanno recuperato i livelli di fatturato pre-Covid, cioè quello del 2019, posticipano l’erogazione dell’importo relativo all’elemento di valorizzazione del lavoro del 2021 nei due anni successivi (nel 2022 e 2023) in due rate di pari importo. L’elemento di valorizzazione del lavoro, inoltre, è omnicomprensivo dell’incidenza sugli istituti di retribuzione indiretta e differita ed escluso dal calcolo del Tfr. “La questione del salario – riprende Re David – è un on/off: se non ci sono le condizioni per rispondere alla richiesta, andranno trovate”.
Per la segretaria generale della Fiom “l’incertezza determinata dalla crisi sanitaria, economica e sociale non può continuare a ricadere sulle lavoratrici e sui lavoratori, e il contratto è lo strumento in grado di dare certezze economiche e normative a tutti i metalmeccanici”. L’aumento dell’8 per cento sui minimi tabellari, sull’indennità di trasferta e reperibilità, è stato formulato dopo aver verificato “l’andamento sperimentale del ccnl del 2016 sul salario e aver constatato che, negli anni di vigenza del contratto, non si è estesa la contrattazione di secondo livello, anzi in molte imprese ci sono disdette unilaterali degli accordi in vigore”.
La richiesta di una busta paga più pesante “non è soltanto un elemento di giustizia sociale, o un parziale risarcimento di un salario falcidiato dalla cassa integrazione, il tutto ovviamente aggravato dalla pandemia. Ma anche un fattore di ripartenza del Paese: il 50 per cento del mercato della metalmeccanica proviene dall’estero, e oggi il mercato estero è in forte difficoltà”. Per la segretaria generale Fiom, dunque, bisognerebbe “puntare sul mercato interno, ma è bloccato dai bassi salari. L’aumento contrattuale, quindi, avrebbe come ricaduta positiva anche il più generale rilancio economico”.
L’aspetto economico è diventato ora il centro della discussione, ma sul nuovo ccnl c’è in ballo molto di più. “Noi ci siamo concentrati ovviamente sul ruolo del salario, ma anche sugli altri pezzi non si è avuta l’impressione che si andasse in positivo, perché la loro idea è quella della deregolamentazione per essere d’aiuto alle piccole imprese”, conclude Francesca Re David: “Non puoi creare vincoli, non puoi ristabilire il diritto di assemblea, non puoi aumentare il salario, quindi l’unica strada è deregolamentare per mettere al centro le singole imprese, facendo perdere senso al ruolo del contratto nazionale”.