Oggi, 13 febbraio, le segreterie nazionali e territoriali di Fiom, Fim e Uilm e la Rsu aziendale si sono incontrate al ministero dello Sviluppo economico per conoscere il futuro piano industriale che interesserà lo stabilimento di Terni nel prossimo biennio. Dal piano dipende il destino - mai così incerto - della più grande azienda di acciai speciali italiana e, di gran lunga, il primo presidio industriale dell’Umbria. Il tavolo non ha però soddisfatto i rappresentanti sindacali. 

Durante l’incontro, fanno sapere i sindacati, l’amministratore delegato Burelli non ha presentato il piano, ma le sue linee guida, che dovranno caratterizzare il prossimo futuro, con una durata temporale di 24 mesi. Le linee guida illustrate riguardano occupazione, volumi produttivi e piano investimenti. Sui punti elencati, il management ha confermato, nel prossimo biennio, una sostanziale riduzione, legata principalmente al contesto difficile di mercato europeo e mondiale. Da parte sua, il governo ha dichiarato la strategicità delle produzioni di Inox partendo dallo stabilimento di Terni. A seguito di questo, si è impegnato a mettere in campo strumenti tecnici ed economici per efficienza, innovazione e ambiente.

I sindacati hanno ribadito di non condividere il progetto aziendale su quelle linee guida: "Abbiamo chiesto formalmente lo svolgimento di un incontro entro la prima decade di marzo, con la presentazione di un piano cartaceo, su cui gettare le basi per un ragionamento futuro. È stato chiesto esplicitamente che fino allo svolgimento del prossimo incontro l’azienda non proceda con processi di riduzione e riorganizzazione unilaterali, ma gestisca gli scarichi produttivi con gli strumenti già attivati, come la cigo. Quanto affermato, è stato condiviso dal governo e la stessa azienda si è resa disponibile a mantenere tale impegno".

Dopo la scadenza, lo scorso 4 dicembre, dell'accordo raggiunto nel 2014 (vi ricordate le manganellate in piazza a Roma?) la multinazionale tedesca ThyssenKrupp ha infatti mandato segnali fortemente preoccupanti e presentato un piano industriale che sostanzialmente apre ad un ridimensionamento del sito siderurgico: alla fine del 2020 gli occupati dovranno scendere a 2.300 (attualmente sono circa 2.400), mentre l’acciaio fuso si attesterà a 940 mila tonnellate (dall'attuale milione).

“La proprietà di Ast sta mettendo in campo scelte precise che vanno, a nostro avviso, verso un indebolimento del sito siderurgico – dicono i rappresentanti della Rsu di viale Brin –. La stessa gestione della fermata di febbraio è testimonianza, da un lato, dei problemi di ordinativi che ci sono e, dall’altro, di una volontà precisa di scaricare sui lavoratori questa situazione, facendo pagare ai soliti noti le criticità gestionali aziendali”.

Secondo la Rsu, oltre alle difficoltà esterne, non c'è chiarezza sulla strategia commerciale, sulle prospettive, sul portafoglio ordini dei mesi futuri, sull’utilizzo degli impianti e sull’organizzazione del lavoro. “Ma mix produttivo, manutenzioni, attività lavorative e via dicendo – insistono i rappresentanti dei lavoratori di Ast – non possono essere un optional per un’azienda complessa come Acciai Speciali Terni”.

A fronte di questa situazione, è evidente che le aspettative sull'incontro di oggi con il governo e l'azienda erano alte. Non a caso, i sindacati dei metalmeccanici a livello nazionale hanno chiesto la partecipazione del ministro Luigi Di Maio: “La presenza del vicepremier sarebbe un segnale importante – afferma Claudio Cipolla, segretario generale Fiom di Terni –. Ma, in ogni caso, quello che pretendiamo è che si faccia chiarezza sul futuro del sito, perché l'accordo del 2014 ha garantito finora impegni chiari su occupazione, produzione e investimenti, mentre ora siamo in mare aperto e l'azienda ha preso una strada che non ci piace per nulla”.

Il sindacalista parla di “evidente confusione rispetto alle strategie future”. A parole, si dice che si vuole prorogare l'accordo, nei fatti, però, siamo di fronte a una strategia diversa, che sta indebolendo il sito, come la gestione di questi primi mesi del 2019 dimostra chiaramente: cassa integrazione aperta, mancanza di chiarezza sulle strategie commerciali, grande incertezza sul sistema degli appalti e sulle questioni ambientali”.

All'orizzonte, pesa sempre la situazione societaria di Thyssen, che l'estate scorsa aveva annunciato la vendita di Ast, per poi fare marcia indietro pochi mesi dopo e dichiararne la ‘strategicità’ per il gruppo. Probabilmente, per fare finalmente chiarezza sulle intenzioni della multinazionale bisognerà aspettare gennaio 2020, quando le due divisioni di Thyssen (Materials, di cui fa parte Ast, e Industrial) dovrebbero rinnovare i rispettivi consigli di sorveglianza.

“Sia che si decida di tornare a produrre acciaio, sia che invece si arrivi alla vendita, sarà fondamentale presentarsi a quell'appuntamento con una fabbrica in salute – chiosa il dirigente sindacale –. Ecco perché abbiamo chiesto al governo di avere impegni chiari e certi da Thyssen”.