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Il governo dimentica totalmente i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori della scuola, in particolare dei precari: 300 mila persone che garantiscono il funzionamento del nostro sistema d’istruzione e che vivono in un futuro perennemente incerto. Per questo - docenti e personale Ata - manifestano domani (13 novembre) alle 15 con la Flc Cgil sotto al ministero dell’Istruzione. Ultima goccia la legge di bilancio che, insieme al Dl 127/2015, non offre alcuna prospettiva di stabilizzazione.
“L’avvio dell’anno scolastico 2025-26 - commenta Manuela Calza, segretaria nazionale Flc Cgil - ha confermato che non c'è stato nessun intervento per dare stabilità ai lavoratori precari e al sistema scolastico. E anche tutte le procedure concorsuali legate al Pnrr, a fine mese ci saranno le prove scritte del terzo di questi concorsi, non hanno affatto ridotto la percentuale di precari nel mondo della scuola, che continuano a essere uno su quattro”.
E questo, sottolinea la sindacalista, “riguarda sia il personale docente che il personale Ata, con punte ancora maggiori per il sostegno, dove oltre il 50% dei posti sono assegnati a personale a tempo determinato, nella gran parte dei case con contratto al 30 giugno. Tutto ciò ovviamente non lede solo i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, ma incide pesantemente sulla qualità dell'offerta formativa e dei percorsi di inclusione”.
Concorsi e ancora concorsi
Ma non solo: il meccanismo infernale del reclutamento concorsuale ha prodotto paradossi che rappresentano una beffa ulteriore per i precari. Quella che colpisce i lavoratori che, risultati idonei ma non rientrando nel numero di chi ha avuto la cattedra, hanno i requisiti per l'immissione in ruolo ma rimangono in questo limbo di precarietà che si alimenta con i concorsi successivi, i vincitori dei quali li supereranno nel diritto all’assunzione in ruolo.
Un esempio: “Il 27 novembre inizieranno le prove scritte del concorso per la scuola primaria e dell’infanzia che si concluderanno entro il 5 dicembre - esemplifica Calza -. Il bando prevede 58.000 vincitori di cattedra a cui si aggiungeranno gli idonei che andranno a integrare le graduatorie e verranno tutti assunti prima degli idonei dei concorsi 2020, 2023, 2024”.
Un meccanismo perverso che fa sì che molti di costoro, per provare ad accelerare l’immissione in ruolo, continuano a fare concorsi, che tra l’altro sono identici. E poi c’è la ciliegina: i tempi delle prove sono così serrati da creare sovrapposizioni, per cui capita anche che si affronti una prova concorsuale senza che si sia conclusa quella precedente. Magari queste persone hanno “vinto” una cattedra, ma non lo sanno.
Una guerra tra poveri
Un sistema che, oltre a creare confusione, produce una forte conflittualità tra le varie tipologie di precari, ognuna delle quali reclama il proprio sacrosanto diritto all’immissione in ruolo. “L’obiettivo della manifestazione del 13 novembre è anche questo - precisa la dirigente della Flc -: tenere insieme questi mondi”. La soluzione sarebbe semplice: stabilizzare, attingendo dalle graduatorie, tutti coloro che sono a tempo determinato e che, ricorda Calza, “consentono di far funzionare al meglio il nostro sistema scolastico”.
“Sia chiaro – aggiunge :- come organizzazione sindacale non abbiamo mai pensato a sanatorie e assunzioni senza criteri rigorosi di selezione sulla base della qualità della formazione. Tuttavia è evidente che un piano straordinario di immissione in ruolo da un lato risponderebbe ai diritti del personale precario e dall’altro darebbe alla scuola stabilità e continuità. Due elementi che garantiscono la qualità dell'offerta formativa: si tratta delle due facce della stessa medaglia”.
Crediti a caro prezzo
E così tocchiamo un’altra delle ragioni della protesta dei precari della scuola: quella della formazione iniziale. I concorsi, infatti, non sono più abilitanti come accadeva un tempo. Oggi per essere assunti a tempo indeterminato bisogna ottenere i crediti attraverso corsi, spesso on-line e forniti da università telematiche, molto costosi, arrivando a 2.500 euro, e spesso di scarsa qualità. Se poi pensiamo ai corsi di specializzazione sul sostegno, i Tfa, i costi sono ancora più elevati, si arriva anche a 4 mila euro. Tutti soldi che i lavoratori devono sborsare per poter entrare in una graduatoria di prima fascia e sperare in un contratto a tempo indeterminato.
“Si è diffuso – riprende la dirigente Flc – un vero e proprio mercato dei titoli che grava sulle spalle di lavoratrici e lavoratori, anche con sanatorie di titoli rilasciati all’estero e che lasciano molto a desiderare. Per questo chiediamo che vengano aumentati i posti disponibili nei corsi forniti dalle università pubbliche: stiamo parlando di formazione iniziale che per noi deve essere, appunto, sostanzialmente pubblica”. Anche su questo capitolo in Finanziaria non c’è nulla. Così come non c’è nulla per l’assunzione del personale Ata su tutti i posti vacanti.
Difficile pensare che un meccanismo di formazione e reclutamento così perverso non abbia al fondo un obiettivo indicibile: tenere il più a lungo possibile lavoratori e lavoratrici in uno stato di precarietà. L’esercito di riserva di cui parlava Marx: tutti più deboli, bisognosi e incerti.



























