"Dobbiamo ripartire dalla scuola per cambiare il modo di pensare”. Lo ripete più volte Luigi Ranalli, oggi primo testimonial formatore della sua regione, l’Abruzzo, ma nel 2003 vittima di un gravissimo incidente sul lavoro che lo ha lasciato tra la vita e la morte per oltre due mesi, e poi un lunghissimo periodo di riabilitazione che lo ha portato a recuperare parzialmente la possibilità di parlare e l’uso del lato destro del corpo. Ma non si ferma, non si è mai fermato, “certo sto su una sedia a rotelle, ma questo non mi impedisce di fare e di andare avanti”.

L’incidente

Erano 10 anni che il signor Ranalli lavorava come montatore per un’azienda di serramenti in alluminio e ferro, quando all’inizio di agosto del 2003 – allora aveva 35 anni – era in trasferta in Molise per istallare degli infissi. Operava all’interno di un cestello elevato da un braccio meccanico ad oltre 6 metri di altezza. “Non era tanto che lavoravamo, circa due ore, non eravamo troppo stanchi. Certo non è che proprio tutte le norme sulla sicurezza fossero rispettate. Le leve per manovrare il cestello avrebbero dovuto essere lì dentro e invece erano alla base” racconta, ma dalla sua voce non traspare né rancore né rabbia e nemmeno rassegnazione.

Quel che trasmette, invece, è la capacità di fare tesoro di quanto gli è successo e di raccontarlo ad altri per evitare che succeda ancora. “A un certo punto – aggiunge - il cestello si è rovesciato e io sono precipitato a terra”. Disattenzione, forse un po’ di superficialità, errore umano, si è accertato, un comando mosso male o inavvertitamente e poi il buio. “Sono stato ricoverato all’Istituto Neuromed, eccellenza della neurologia e neurochirurgia che si trova proprio il Molise e questa è stata la mia fortuna. Due mesi di coma e poi un risveglio lento, la prima settimana avevo gli occhi aperti ma non riuscivo nemmeno a muovere le palpebre. Ricordo l’angoscia….. e poi piano piano e da lì è partita la rinascita.”

Il recupero

È stato lento e lungo. Trasferito in un centro di riabilitazione nelle Marche, è stato ospedalizzato fino al maggio del 2004 e poi dentro e fuori con gli ospedali per cicli di riabilitazione intensiva: “I primi anni sono stati durissimi, muovevo solo un dito e con quello comunicavo attraverso un alfabeto, avevo problemi a deglutire e a parlare. Oggi ancora non parlo bene ma almeno riesco a farmi capire. Il lato destro del corpo ancora non lo muovo ma comunque va molto meglio”.

Ranelli, da quando anche suo padre e morto, vive solo con una badante: “Mio padre è mancato nel 2020, è stato lui che mi ha aiutato moltissimo, mi ha fatto tutto fino alla sera che si è sentito male, attualmente ho una caregiver, ho due sorelle sposate, una è nel mio paese, una a 5 chilometri, mi aiutano per quello possono, pure molto, ma io avendo la patente non sono mai fermo, così avere una badante h24 è meglio, non le disturbo per visite, incontri, mangiate con amici, eccetera”.

La vita ora

Stare fermo, pur se costretto in sedia a rotelle, mai. Ed allora Luigi Ranelli è diventato, testimonial formatore Anmil sulla sicurezza. Dice con orgoglio: “sono il primo della mia regione”. Ha seguito un corso per formare gli infortunati, all’inizio è stato un po’ faticoso, è durato più di un anno”. Ora va nelle scuole e nelle aziende perché la “cultura della sicurezza è la cosa più importante e bisogna partire dalle scuole”. Afferma il signor Luigi e aggiunge: “Dobbiamo cambiare strada, questa che percorriamo non è quella buona, le leggi servono ma non sono sufficienti e la situazione degli incidenti peggiora di anno in anno. Sono convinto che bisogna partire dalle scuole per portare la cultura della sicurezza e delle sicurezze. Bisogna tramandare e noi lo facciamo con competenza e passione, chi meglio di noi che abbiamo subito incidenti può farlo? La sicurezza deve essere uno stile di vita”.

Si appassiona nel raccontare la sua attività di ora, spiega che chi ha subito incidenti è come se avesse mangiato funghi velenosi e fosse riuscito a sopravvivere e quindi meglio di altri può spiegare perché bisogna saper riconoscere i funghi. Ci tiene a concludere con una riflessione: “Dico sempre che il rischio zero non esiste, ma possiamo raggiungere la diminuzione notevole degli infortuni e dei morti sul lavoro. Noi ci impegniamo ogni giorno per questo, parliamo a tanta gente e se ne salviamo anche uno o due per noi è un grande traguardo”.