Nel 2021 gli infortuni sul lavoro sono aumentati, ormai è cosa nota, così come aumentate sono le vittime del lavoro, quasi il 10% in più rispetto all’anno precedente. I dati, purtroppo li conosciamo, sono quelli comunicati recentemente dall’Inail nel corso della presentazione della Relazione annuale del 2021. Quelli certificati dall’Istituto, è bene ricordarlo, riguardano i lavoratori e le lavoratrici “assicurati” presso l’Istituto stesso, non quindi l’intera platea di chi oggi giorno si reca al lavoro. Ma se i numeri assoluti variano (quelli dell’Osservatorio indipendente di Bologna, ad esempio sono ovviamente più alti visto che registrano ogni incidente) la tendenza è la stessa: con la ripresa dell’economia gli incidenti sul lavoro, compresi quelli mortali, sono nettamente aumentati.

L’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, però, non limita la propria attività alla conta degli infortuni e delle vittime. La parte più rilevante è costituita dagli interventi a sostegno dei lavoratori, delle lavoratrici e delle loro famiglie. Dispone di 120 ambulatori per prestazioni sanitarie, un centro protesi a Vigoroso di Budrio con filiali a Roma e a Lamezia Terme, 11 centri di fisiochinesiterapia.

Per capire appieno l’entità del compito dell’Istituto è necessario partire dai dati. All'Inail nel 2021 sono stati denunciati poco più di 564mila infortuni sul lavoro, in calo dell’1,4% rispetto all’anno precedente. Questa diminuzione è dovuta esclusivamente alla contrazione dei contagi professionali da Covid-19, che sono passati dai quasi 150mila del 2020 ai circa 50mila del 2021. Nel 2020, in particolare, l’incidenza media delle denunce da nuovo Coronavirus sul totale degli infortuni denunciati è stata di una ogni quattro, mentre nel 2021 è scesa a una su 12. Le denunce di infortunio “tradizionale”, al netto dei casi da Covid-19, nel 2021 hanno invece registrato un aumento di circa il 20% rispetto al 2020”. In altre parole, ci si ammala meno di Covid nei luoghi di lavoro, ma ci si fa più male.

E questo andamento riguarda anche la strage che quotidianamente siamo costretti a registrare, dice sempre l’Istituto: “Le denunce di infortunio con esito mortale sono state 1.361, con un decremento del 19,2% rispetto al 2020. Come per gli infortuni in complesso, anche in questo caso la contrazione è legata interamente ai decessi causati dal contagio da Covid-19, passati dai circa 600 del 2020 ai circa 200 del 2021. Nel 2020, in particolare, l’incidenza media dei decessi da Covid-19 sul totale di tutti i casi mortali denunciati è stata di una denuncia ogni tre, mentre nel 2021 è scesa a una su sei. Le denunce di infortuni mortali “tradizionali”, al contrario, sono aumentate di quasi il 10% rispetto al 2020, sia nella componente “in occasione di lavoro” che in quella “in itinere”. Gli infortuni mortali accertati sul lavoro sono 685, di cui 298, pari al 43,5% del totale, avvenuti “fuori dell’azienda” (57 casi sono ancora in istruttoria)”.

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Commentando questi numeri nel corso di una recente puntata di Radio Anch’io, la segretaria nazionale della Cgil Francesca Re David ha affermato: “Proprio perché partire dai dati è importante ricordo che in Italia ci sono oltre 1 milione e 600 aziende e ci sono 7000 ispettori contando anche le nuove assunzioni. Questi numeri danno l’idea che cosa hanno significato anni di tagli sul fronte della sicurezza sul lavoro, tagli che hanno riguardato l’Inl ma anche le Asl che hanno una competenza specifica sulla salute nei luoghi di lavoro. Non solo, negli stessi anni c’è stata una svalorizzazione del lavoro. È impensabile – ad esempio – che avendo a disposizione una tecnologia in grado di segnare l’avvicinarsi di un ostacolo a chi è alla guida di un’automobile, questa non venga applicata nei luoghi di lavoro per prevenire gli incidenti”. Se negli ultimi decenni le risorse pubbliche hanno subito decrementi in tutti i settori, è colpevole e sbagliato non aver vincolato ad investimenti in sicurezza quelle assegnate alle imprese. Ha sostenuto ancora la dirigente della Cgil: “È stato un errore profondo non vincolare le risorse del Pnrr e gli altri fondi pubblici alla sicurezza”.

Insomma, il punto è sempre lo stesso, quanto vale il lavoro, quanto vale la vita di lavoratori e lavoratrici. E quanto si massimizza il profitto a scapito della sicurezza e della salute. Basti pensare a cosa accade in queste ore: non si muore solo cadendo dall’altro nei cantieri o precipitando da un pontile mentre si lavorava in una raffineria, si muore anche di caldo. Eppure, cambiando organizzazione degli orari di attività e investendo in tecnologie di areazione e refrigerazione degli ambienti su potrebbe fare molto, ma, appunto, occorre spendere. “Purtroppo è passata – ha spiegato Re David – l’idea che tutto è un costo da limitare, e allora ecco la precarizzazione del lavoro, la catena di appalti e sub appalti ed ecco che gli incidenti aumentano appena è cominciata la ripresa. Nei posti di lavoro vale più il profitto che mettere in sicurezza le persone. Ed ovviamente c’è un nesso con il lavoro nero e con il lavoro sfruttato, anche se gli incidenti accadono anche dove c’è lavoro regolare”.

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A dare la dimensione della svalorizzazione del lavoro e dei lavoratori, non è solo il dato degli infortuni. Crea molto meno attenzione di quella – per altro già scarsa sugli incidenti – la contabilità delle malattie professionali. Eppure, sono assai diffuse, in gran parte evitabili, spesso altamente invalidanti se non mortali. Si legge ancora nel Rapporto dell’Inail: “Dall’analisi dei dati del 2021 emerge anche un aumento notevole delle denunce di malattia professionale in confronto al 2020, anno in cui il fenomeno tecnopatico è stato fortemente condizionato dall’emergenza epidemiologica. Le patologie lavoro-correlate denunciate all’Istituto sono state poco più di 55mila, in crescita del 22,8% rispetto al 2020. Ne è stata riconosciuta la causa professionale al 37,2% (il 5,6% è ancora in istruttoria). Le denunce riguardano le malattie e non i lavoratori ammalati, che sono oltre 38mila, di cui il 40,3% per causa professionale riconosciuta (quelli con malattie causate dall’esposizione all’amianto sono 948). I lavoratori deceduti nel 2021 con riconoscimento di malattia professionale sono stati 820, il 23,6% in meno rispetto al 2020, di cui 154 per silicosi/asbestosi”.

Quanto infortuni e malattie pesino lo dice un altro dato del lungo dossier: “Il portafoglio rendite Inail al 31 dicembre 2021 registra 651.799 rendite in gestione per inabilità permanente e ai superstiti, il 2,76% in meno rispetto al 2020. Le rendite di nuova costituzione sono circa 17mila. Per quanto riguarda le prestazioni economiche, dal primo luglio 2021, per effetto dei meccanismi fissati dalla legge n. 41 del 28 febbraio 1986, è stata applicata la rivalutazione del 4%, che è stata erogata agli assistiti nei primi mesi di quest’anno”.

Infine, è importante sottolineare le attività a favore delle vittime e al loro reinserimento sociale e lavoratori che l’Istituto eroga quotidianamente: “Nel 2021 l’Inail ha fornito circa sette milioni di prestazioni sanitarie per infortuni e malattie professionali, mentre le prestazioni per “prime cure” effettuate presso i 120 ambulatori dell’Istituto sono state oltre 523mila. Quelle riabilitative erogate dal Centro Protesi di Vigorso di Budrio, con le filiali di Roma e Lamezia Terme, dal Centro di riabilitazione motoria di Volterra e dagli 11 centri di fisiochinesiterapia attivi in cinque regioni ammontano a oltre 139mila. Il Centro Protesi, struttura di riferimento per i trattamenti protesico-riabilitativi che nel 2021 ha compiuto 60 anni, insieme alle sue due filiali ha erogato complessivamente 6.352 prestazioni di assistenza protesica a favore di 4.390 persone: 2.826 infortunati sul lavoro e 1.564 tra assistiti del Servizio sanitario nazionale e privati. A queste si aggiungono 7.223 prestazioni per la fornitura di ausili per la cura e igiene personale, l’informatica, la mobilità e la domotica, che hanno interessato 4.682 assistiti. In settembre, con l’attivazione di 14 posti letto presso la filiale di Lamezia Terme e l’inaugurazione del nuovo punto di assistenza a Palermo, è proseguito il piano di decentramento voluto dall’Inail per rispondere concretamente all’esigenza di prossimità territoriale del servizio ai propri assistiti”.

Sforzo importante, e meno male che c’è. Ma l’impegno vero, della politica, del governo, delle imprese dovrebbe essere concentrato nell’evitare gli incidenti e ridare valore al lavoro.