A Porto Marghera il petrolchimico è lo storico cuore pulsante della laguna veneziana. Oggi l'area è tristemente disseminata di scheletri industriali. Le fiaccole della Vinyls sono state abbattute da anni. I cancelli arrugginiti e i vetri rotti testimoniano il tempo passato su stabilimenti abbandonati tra promesse di bonifiche senza seguito. Fusioni e delocalizzazioni hanno prodotto migliaia di licenziamenti, con il contentino effimero di qualche mese di cassa integrazione. 

Caprolattame, Vinyls, Dow chemical, Montefibre, sono solo le ultime chiusure con danni industriali e sociali immaginabili. Oggi, con la chiusura del cracking di Eni ci si avvia verso il declino del petrolchimico senza valide alternative. Nell'impianto di Porto Marghera si producevano i cosiddetti monomeri. Molecole semplici come etilene, propilene, benzene e altri derivati ottenuti dalla scomposizione delle molecole complesse del petrolio, essenziali per la produzione di tutta la plastica che ci circonda. Packaging alimentari o di elettrodomestici, apparati biomedicali, automotive, scarpe, occhiali. Tutto.  

Lo stop del cracking a Marghera crea un effetto domino sui processi a valle degli impianti di Ferrara, Mantova e Ravenna. Si tratta di una riduzione delle emissioni come si fregia l'Eni? O solo di un taglio di risorse? Il dubbio è lecito. Eni ha deciso di produrre i monomeri a Priolo, in provincia di Siracusa, trasportarli a Marghera con navi criogeniche per immetterli, come accade da anni, nelle condutture che solcano l'intera Pianura Padana. Un'operazione antieconomica e impattante. 

Per Davide Camuccio, segretario della Filctem Cgil Venezia, si tratta di decisioni controverse che stanno decretando la scomparsa della chimica di base nel nostro Paese, con i lavoratori che pagano l'assenza di strategia e politiche industriali. "Quando un polo chimico grande come quello che è stato Porto Marghera va verso la dismissione, la causa principale è la mancanza di investimenti da parte delle imprese. Ma non è l'unica: c'è l'incapacità politica di pensare l'industria italiana, la speculazione sulle aree considerando la vicinanza con Venezia, il privilegiare investimenti in settori con guadagni più immediati quali il turismo e la logistica in cui il lavoro è spesso meno tutelato. Da anni ci battiamo per ottenere la conversione degli impianti con progetti di chimica verde che non sono mai pensati per il nostro territorio".

Ad Anversa, per esempio, Ineos sta per costruire un impianto di cracking avveniristico anche dal punto di vista dell'impatto ambientale: con riscaldamento elettrico dei forni, cattura della CO2 e l'utilizzo dell'idrogeno ottenuto come sottoprodotto dei processi di cracking per alimentare le fornaci. Un impianto da tre miliardi di euro e 450 nuovi posti di lavoro.

A Marghera i nuovi progetti infiammano il dibattito pubblico. Come la trasformazione della centrale elettrica Palladio da carbone a gas. Un progetto ineludibile rispetto ai programmi di decarbonizzazione previsti dall’Europa. Una soluzione a tempo: "Con tecnologie di transizione – spiega Camuccio – il piano prevede un abbattimento delle emissioni di due terzi rispetto a oggi. Nei mesi scorsi l'Eni ha ritirato il progetto Waste to Fuel, che il sindacato considera l'unica produzione con valore aggiunto in tema di ambiente ed economia circolare. Waste to fuel trasforma il rifiuto organico in bio oil.

"In questo caso – sottolinea il segretario della Filctem provinciale – saremmo di fronte al perfetto incontro tra due esigenze: trasformare lo smaltimento dei rifiuti da costo in guadagno e sostituire gradatamente l’uso dei derivati del petrolio con sostanze organiche meno inquinanti riutilizzabili". Altro progetto che segue la filosofia dell'economia circolare è il riciclo meccanico delle plastiche per il riutilizzo negli imballaggi nell'industria. In questo caso però si tratta di produzioni a basso contenuto innovativo. Per Davide Camuccio: "Ci vorrebbe molto altro e l'Eni ha nei propri cassetti progetti in grado di dare dignità al petrolchimico di Porto Marghera con produzioni di chimica verde e bio. Senza produzioni innovative il rischio è che la storia dell'impoverimento dell'area industriale continui coinvolgendo inevitabilmente la città. 

Davide Camuccio spiega in maniera convinta le potenzialità della riconversione del cracking. La divisione della molecola di Virgin nafta, potrebbe essere alimentato dal metano invece che dal petrolio producendo meno CO2. Si potrebbero alimentare i forni con bio virgin nafta prodotta da raffinerie che già usano cariche alternative come olio di palma, olii esausti e grassi. La terza opzione sarebbe quella di produrre monomeri attraverso plastiche trattate chimicamente. Il progetto si chiama Hoope ed è stato avviato in un impianto pilota a Mantova. Il procedimento permetterebbe di non produrre nuova plastica ma di trasformarla.

Per il leader dei chimici veneziani "Porto Marghera ha bisogno di un progetto complessivo di re-industrializzazione che passi per l’efficientamento produttivo e ambientale delle produzioni già esistenti e lo sviluppo di nuove produzioni a basso impatto. Siamo d'accordo con le associazioni ambientaliste – sottolinea – sul fatto che vanno usate le migliori tecnologie industriali. La sfida, se non vogliamo cadere nell'ideologia, non è pensare che Porto Marghera possa trasformarsi in una foresta di betulle, ma pretendere sempre le soluzioni più ecocompatibili.

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