Non è certo un clima disteso quello con cui si arriva a uno snodo decisivo per la vertenza Elica, multinazionale italiana e leader mondiale nel settore delle cappe aspiranti, che ha deciso lo scorso maggio di delocalizzare la produzione in Polonia, chiudendo lo stabilimento di Cerreto D'Esi e dichiarando oltre 400 esuberi. Mercoledì 30 giugno (ore 14, in videoconferenza) azienda e sindacati sono stati convocati al Mise dalla viceministra Alessandra Todde, che ha definito “irricevibile” il piano della multinazionale e ha invitato le parti a “lavorare insieme” per trovare soluzioni alternative alla delocalizzazione.

Negli ultimi giorni però la tensione tra lavoratori, sindacati e azienda, è salita alle stelle. La scorsa settimana, infatti, durante uno sciopero, l'azienda ha “messo in libertà il personale” non interessato dalla protesta sindacale, in pratica una serrata. Condotta che i sindacati stanno valutando di portare in tribunale, perché lesiva della libertà di sciopero. “La nostra protesta era programmata dalla settimana precedente, quindi non c'era alcuna eccezionalità, l'azienda si sarebbe potuta organizzare per rifornire le linee – commenta Pierpaolo Pullini, segretario della Fiom di Ancona e responsabile del comprensorio di Fabriano – di fatto si tratta di un comportamento antisindacale”.

È proprio questo che i sindacati, Fiom in testa, contestano all'azienda: “Da mesi tutte le azioni di Elica sono fatte in maniera unilaterale – continua Pullini - e per questo le eventuali disponibilità che leggiamo sulla stampa ci lasciano perplessi. Il tavolo al Mise dovrà servire a far scoprire davvero le carte alla multinazionale”. Ma cosa si aspettano i lavoratori e le loro rappresentanze dal tavolo ministeriale? “Ci aspettiamo reali aperture su come rimodulare le produzioni in Italia – risponde Pullini -  bisogna intervenire su tutto il mix produttivo e sull'organizzazione del lavoro. Per noi è chiaro che gli stabilimenti sono due, ognuno con la sua tipologia produttiva, e la cappa Tesla deve rimanere a Cerreto”.

Sullo sfondo della vicenda c'è il grande nodo dello sblocco dei licenziamenti: è evidente infatti che una proroga del blocco potrebbe indurre aziende come Elica a discutere con le organizzazioni sindacali in maniera differente. “Certo è – aggiunge Pullini – che se Elica vuole aprire una vera discussione non può farlo con una procedura di mobilità aperta (come Whirlpool), bisogna prendersi i tempi giusti ed entrare nel merito. Da parte loro Governo e Regione mettano a disposizione strumenti per rendere più sostenibile e competitiva la produzione, rimodulando mix produttivo e organizzazione del lavoro. La strada non può certo essere quella dei  prepensionamenti, delle fuoriuscite e della reindustrializzazione, perché sarebbe un processo di delocalizzazione accompagnato. Sono stati i lavoratori di Fabriano a a insegnare al mondo come si fanno le cappe – conclude Pullini – e solo insieme a loro si possono trovare le soluzioni migliori”