L’università? In Italia è sempre più cara e inaccessibile. Il dodicesimo rapporto realizzato dall’osservatorio nazionale di Federconsumatori, in collaborazione con la fondazione Isscon, sulle tasse di frequenza degli atenei rivela che nel 2025 queste sono aumentate in media del 5,9 per cento rispetto all’anno precedente.

Nel Nord sono ancora una volta più onerose rispetto alle altre realtà del Paese: le cifre superano del 27 per cento l’importo massimo medio rilevato negli atenei del Sud e del 21 per cento quello delle università del Centro. Rispetto al 2024 è leggermente sceso il divario tra Nord e Sud, ma esponenzialmente aumentato quello tra Nord e Centro, che è salito dal 15 al 21,3 per cento.

Le top 5

Entrando nel dettaglio, gli atenei lombardi si confermano quelli dove la tassazione è più alta. Al primo posto come l’anno scorso l’università di Milano, subito seguita da Pavia. La prima prevede come importo massimo 3.360 euro per le facoltà umanistiche e 4.257,12 euro per i corsi dell’area scientifica, con un importo massimo medio di 3.808,56 euro. La seconda chiede ai suoi studenti 3.343 euro per le lauree umanistiche e 4.141 euro per quelle scientifiche, con un importo massimo medio di 3.742 euro.

Seguono il politecnico di Torino (3.761 euro per le facoltà umanistiche e scientifiche), l’università del Salento (3.206 euro sia per le umanistiche che per le scientifiche), Padova (2.955 euro per le umanistiche e 3.155 euro per le scientifiche).

Tessere del mosaico

“L’aumento dei costi delle rette, che tocca il 6 per cento, è l’ennesimo incremento, che si aggiunge alla crescita dell’inflazione generale rilevata dall’Istat e alla diminuzione delle retribuzioni, i cui valori reali negli ultimi cinque anni sono calati del 10 per cento – commenta Roberto Giordano, vicepresidente di Federconsumatori –. Anche se questo 6 per cento può non sembrare rilevante, bisogna mettere insieme le tessere del mosaico. Le basse retribuzioni, appunto, i dati sulla povertà che in Italia colpisce una persona su quattro, la rinuncia alle cure che fanno sempre più italiani compongono il quadro delle condizioni di vita delle persone che stanno diventando sempre peggiori. E anche se le università precedono una no tax area e stanno così facendo la loro parte, gli aumenti ci sono”.

La no tax area

Con la legge di bilancio 2017 sono state attivate rilevanti agevolazioni destinate agli studenti a basso reddito e ai meritevoli: un’agevolazione per gli iscritti con Isee inferiore a 22 mila euro che permette di essere esonerati dal pagamento delle tasse, e una riduzione per i nuclei con Isee tra 22 e 30 mila euro. Molti atenei hanno innalzato il livello di reddito della no tax area, in alcuni casi anche del 30 per cento, agevolando così ulteriormente gli studenti e incentivandoli a iscriversi.

Armi anziché istruzione

“In Italia l’istruzione universitaria non è ancora accessibile a tutti: questo aumento del 6 per cento ne è l’ennesima dimostrazione – afferma Anna Tesi, dell’Udu -. Mentre come studenti universitari chiediamo investimenti sul sistema pubblico, il costo della vita sale e a pagarne il prezzo sono studenti e famiglie, tra tasse in aumento ma anche costi vivi come affitto e materiali. Una situazione paradossale se pensiamo che l’università gratuita costerebbe al nostro Paese solo 2,2 miliardi mentre l’unica voce di bilancio in aumento per questo governo è quella per armi e guerra”.

Meglio all’estero

Il report di Federconsumatori dà uno guardo anche agli altri Paesi europei, alcuni dei quali offrono la possibilità di studiare gratuitamente presso le università pubbliche. “La Germania e le nazioni scandinave sono tra i casi più emblematici – si legge nell’indagine -: adottano politiche di assenza di tasse universitarie, consentendo agli studenti, anche internazionali, di iscriversi ai corsi senza sostenere costi”.

In Germania la quasi totalità degli atenei pubblici richiede soltanto un contributo amministrativo che è generalmente compreso tra 150 e 250 euro. Anche l’Austria permette di frequentare l’università senza tasse, in Norvegia l’istruzione superiore è gratuita per tutti, sebbene il costo della vita sia elevato. Molti programmi sono erogati nella lingua locale, negli ultimi anni si è diffusa un’ampia offerta di master e dottorati in inglese, che mantengono comunque le stesse condizioni di gratuità”.

L’online

Quello che cresce da noi è il numero degli studenti che sceglie l’università telematica, un genere di istituto riconosciuto dal ministero e autorizzato a erogare corsi di laurea e di formazione e master. Sebbene un percorso universitario online permetta di risparmiare sui costi di trasporto e affitto, comporta comunque le spese importanti che bisogna considerare per una pianificazione economica consapevole.

Le rette, sia per le triennali che per magistrali, in assenza di convenzioni, agevolazioni e sconti, oscillano tra i 2.106 e i 4.656 euro all'anno, a seconda del corso. A questo si aggiungono le tasse di segreteria e la tassa regionale per il diritto allo studio. A differenza delle università tradizionali, dove le rette possono variare in base all'Isee, nelle università telematiche i costi sono fissi.

“Dal 2020 al 2025 gli iscritti alle università on line sono raddoppiati, passando da 145 mila a 300 mila iscritti – conclude Giordano -. E se si guarda il costo delle 11 accreditate al Mur, si sborsano tra 1.550 a 3 mila euro all’anno. E qui una riflessione andrebbe fatta. È vero che si risparmia sul vitto e l’alloggio se si è fuorisede, ma come si spiega un incremento così forte? Vien da pensare che il percorso sia privilegiato e che non sia premiata la qualità dell’apprendimento”.