Al Circo Massimo il traffico è ripreso da giorni. In quelle strade che lo circondano e di cui sabato non se ne riusciva a vedere un centimetro, neanche a guardare le foto dall’alto, tanta era la gente che le aveva invase per manifestare in difesa dei diritti e della vita delle donne, corrono ogni minuto gli pneumatici di centinaia di autobus e utilitarie e taxi e motorini.

A centinaia di chilometri a sud est del Circo Massimo, nella periferia di Andria, Vincenza Angrisano è stata pugnalata a morte dal marito. I due figli della coppia, di 6 e 11 anni, erano in casa. L’operatore sanitario che ha preso la telefonata dell’assassino subito dopo il fatto li ha sentiti urlare.

A una manciata di chilometri dal luogo del femminicidio, in quelle stesse ore, la Cgil Puglia insieme alla Uil, alla Consigliera di parità, alla Presidenza della Regione, all’Anci e ai Centri Antiviolenza del territorio, firmava un protocollo che ha l’obiettivo di mettere in campo pratiche concrete di contrasto alla violenza maschile sulle donne, nel quale la Cgil mette a disposizione le proprie sedi affinché le donne che si rivolgono al sindacato possano trovarvi sostegno per essere poi accompagnate nei luoghi deputati a occuparsi di violenze e molestie. Affinché le donne non siano sole.

A una trentina di chilometri a nord ovest da Circo Massimo, nella città di Ladispoli, Alessandro Grando, il sindaco leghista (a Ladispoli???) aveva deciso – decisione poi ritirata a suon di indignazione generale – di invitare al concerto di capodanno, stanziando 200mila euro per il suo compenso, il rapper Emis Killa, autore della canzone “3 messaggi in segreteria”, un vero inno allo stalking e al femminicidio. Leggerne le parole per credere. Il cantante si schermisce parlando di “story telling”. Una narrazione che annacqua e normalizza la persecuzione spesso perpetrata nei confronti delle ex dal maschio piantato in asso, che cavalca lo stereotipo del macho passionale e tenebroso “vittima” della “inaccettabile” volontà della ex ragazza. Fino alla reiterata minaccia di ucciderla.

Il tono può darlo questo verso, ma ce ne sono molti altri così: “Lo so sono egoista, un bastardo, ma preferisco saperti morta che con un altro”. Il sindaco giustifica la sua prima scelta parlando di incomprensioni rispetto al testo e, con un doppio carpiato, spaccia il brano in questione per “un’assoluta denuncia della violenza sulle donne”. Lungi da noi censurare l’”arte”, anche quella che con tutta la buona volontà facciamo fatica a considerare tale, ma se la battaglia – ce lo siamo detto mille volte – deve essere culturale forse un modo per evitare che certi modelli giovanili diano messaggi di questo tipo si dovrà pur trovarlo. Di sicuro finanziarne la diffusione con centinaia di migliaia di euro dei contribuenti è una scelta davvero difficile da comprendere e da giustificare.

Mentre accadeva tutto questo le cronache delle prime ore in carcere di Filippo Turetta rimbalzavano da una colonna all’altra dei giornali, da un canale all’altro dei programmi del pomeriggio, percorrendo la china del voyeurismo che si fa, a tratti, empatia e comprensione. Il pianto di fronte al gip, l’ansia dichiarata di pagare il delitto, riempiono i titoli delle prime testimonianze dell’interrogatorio. E il diritto di cronaca si fa subito scoop, spettacolo, un mezzogiorno di fuoco tra grandi testate per una copia o un punto di share in più. Passata la tempesta emotiva, rischiamo, su questa china, di ritrovarci con il solito “bravo ragazzo” preda del raptus.

È solo una breve disamina dei fatti che sono accaduti il 28 novembre. Un giorno come tanti altri, in cui alcuni, purtroppo una minoranza – la Cgil, come sempre, e gli altri soggetti pugliesi o la società civile di Ladispoli – portano avanti una battaglia culturale contro l’indifferenza o l’insofferenza di molti. Il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, sembra già una vita fa, un altro atroce delitto contro una donna è stato compiuto, la politica ha girato altrove la testa, sulle testate online non c’è quasi più traccia del tema, il rumore del traffico cancella tutto, a Circo Massimo come su quella via nella periferia di Andria, sulla strada per Corato. Qualche radio passa Emis Killa e qualche ragazzino ripete a tempo le parole sparate nelle sue cuffie...

“E adesso guido verso casa tua che vivi a Monza, Pieno di cattive idee dettate da una sbronza, Volevo abbassare le armi ora dovrò spararti, Non mi dire di calmarmi, è tardi stronza, Fanculo al senso di colpa, non ci saranno sbocchi, Voglio vedere la vita fuggire dai tuoi occhi, Io ci ho provato e tu mi hai detto no, E ora con quella cornetta ti ci strozzerò”.