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Un decreto e un disegno di legge: le mani del governo sulle università. E, sullo sfondo, una vera e propria lotta di potere all’interno della maggioranza per mettere mano all’autonomia degli atenei. Il decreto è quello che riguarda la trasformazione dell’Anvur, di cui abbiamo già parlato su Collettiva nelle scorse settimane.
In sintesi, con le nuove norme l’agenzia di valutazione del sistema nazionale universitario e della ricerca viene portata sotto stretto controllo ministeriale, con la nomina diretta del presidente e il totale controllo sul comitato di selezione del Consiglio direttivo. Non solo: l’Anvur sarà dotata di funzioni e strumenti che le permettono di entrare nel merito di cosa e come si insegna nelle università. Il decreto dovrà esser emanato come Dpr dal Presidente della Repubblica, con il Consiglio di Stato, la Flc Cgil e le opposizioni che nelle audizioni hanno sollevato il problema della legittimità del Dpr. Staremo a vedere.
Il Ddl, invece, riguarda la composizione dei cda delle università. È stato scritto da una commissione presieduta da Galli della Loggia (vero braccio armato delle politiche governative in materia d’istruzione) e per ora è solo un progetto di legge, non ancora presentato, ma che circola in bozza.
“È il secondo capitolo di un’offensiva molto chiara – spiega Luca Scacchi, responsabile docenti universitari della Flc Cgil – e che segna uno step ulteriore: non solo un’università sempre più piccola e definanziata, ma sempre più sotto controllo governativo”. La bozza infatti prevede la presenza nei cda di un membro di nomina governativa a cui se ne affiancano altri due indicati dagli enti locali. Il ministero, secondo quanto si legge, interverrebbe sulle politiche dell’Ateneo indicando linee “linee generali”, di cui il rettore dovrebbe “tenere conto”. L’aspetto interessante, chiosa Scacchi, “è che questa novità non viene introdotta negli atenei profit e telematici, per garantire un controllo pubblico, ma in quelli statali”.
Non solo: il rettore durerebbe in carica ben 8 anni - più del presidente della Repubblica - “e neanche con una rielezione a metà mandato - attacca Scacchi – ma con una sorta di voto di conferma”. Infine, anche i direttori di dipartimento avrebbero la loro carica regolata sulla durata di quella del rettore. Insomma: assistiamo a una vera e propria catena verticistica, dall’alto del ministero giù fino ai dipartimento. “Di fatto – scherza ma non troppo il sindacalista - avremmo una sorta di ‘premierato’ all’interno delle università”.
E, aggiunge Scacchi, "a breve la ministra Bernini presenterà un progetto di revisione del Cun che dovrebbe ridurre le rappresentanze della comunità universitaria, rendendo anche questo organismo subordinato al ministero”.
Tutto questo si inscrive in un ruolo sempre più filo governativo della Crui, la Conferenza dei rettori delle università italiane che dovrebbe rappresentare, se non la controparte, sicuramente il collettore degli interessi delle università che in tutti questi anni hanno visto sempre più ridursi fondi e investimenti. “Ebbene – osserva amaramente il responsabile docenza universitaria della Flc – appena eletta lo scorso 25 settembre, la nuova presidente della Conferenza Laura Ramaciotti, rettrice dell’università di Ferrara e di area Fdi, ha detto che gli atenei non hanno bisogno di nuove risorse, ma solo di spenderle meglio”.
Quando poi, nella chat dei rettori delle università si sono cominciati a sentire malumori cosa ha fatto Ramaciotti? Ha chiuso la chat, aggiunge Scacchi, “eliminando i partecipanti a uno a uno, senza alcun avviso. Come fanno gli adolescenti nei loro gruppi whatsapp”.
Ci si può chiedere perché tutto questo stia accadendo proprio ora. “Penso che questa offensiva andrebbe collegata alle dichiarazioni del governo per bocca della ministra Roccella sull’università che non sarebbe più un luogo di elaborazione di pensiero - conclude il dirigente Flc –. Il riferimento come si ricorderà era alle tante prese di posizioni critiche e alle proteste negli atenei rispetto alle politiche genocidarie di Israele a Gaza. Per l’esecutivo Meloni questo non va bene: di qui l’offensiva per un controllo politico e culturale delle università”.
Piccole, sottofinanziate e controllate, in un universo in cui proliferano atenei profit e telematici fuori controllo: certamente nulla di buono per il nostro Paese.






















