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La Questura di Torino condannata a riorganizzare entro quattro mesi i propri uffici immigrazione. La sentenza è stata emessa dal Tribunale di Torino a seguito della class action promossa da Asgi, l’Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione.
Nella sentenza si legge: “L’accesso al servizio pubblico erogato dalla Questura di Torino non solo non assicura il risultato preteso dalla legge (la formalizzazione della domanda entro il termine previsto dall’art. 26 d.lgs. n. 25/2008), ma impone anche mortificanti condizioni per gli aspiranti richiedenti asilo che non sono imposte dalle necessità prospettate (la necessità di identificare gli aspiranti richiedenti protezione internazionale)”.
Scrive Asgi sul suo sito web: “Questa vittoria pone un tassello fondamentale nell’ambito della lotta alle prassi illegittime adottate dalle Questure sull’intero territorio nazionale d apre la strada a nuove possibili azioni strategiche, stabilendo il principio per cui l’assenza di modelli organizzativi trasparenti e rispettosi della dignità personale costituisce una discriminazione diretta”.
Soddisfazione è stata espressa anche dalla Cgil Torino, la quale sottolinea che la sentenza “mette nero su bianco ciò che il sindacato, insieme ad altre associazioni, denuncia da sempre. Le gravi conseguenze che questa situazione determina nei confronti di persone fragili, che rischiano l'illegalità per fatti burocratico amministrativi, sono più che evidenti”.
Già nell'inverno scorso la Cgil torinese aveva denunciato le pesanti condizioni dei migranti in attesa presso il vecchio ufficio di corso Verona: “Era evidente che il sistema non funzionasse, così com'è evidente la responsabilità primaria della Questura e delle istituzioni competenti nell'affrontare quella che era una vera e propria emergenza umanitaria”.
Elena Ferro, segretaria della Cgil di Torino, ricorda che “stiamo parlando delle vite di persone richiedenti asilo, che fuggono da guerre e carestie e che sono costrette davanti alla Questura di Torino a code lunghissime, di giorno e di notte, perché gli uffici riescono a occuparsi solamente di 10 casi al giorno, un numero ridicolo. Inoltre il sistema di prenotazione è praticamente inaccessibile”.
Asgi, con una class action, “ha messo insieme una serie di casi tra più disparati – prosegue Ferro -, persone più o meno sfortunate, ma tutte nella stessa condizione. Tra loro c'era anche un content manager brasiliano, che quindi svolge un lavoro qualificato, ma che non può essere confermato dall’azienda perché ancora non ha il permesso di soggiorno”.
Ora, sottolinea la sindacalista, “la Questura ha 4 mesi di tempo per riordinare gli uffici e quindi offrire una risposta in termini di organizzazione e rispetto dei tempi. Questo è il punto che riguarda anche la battaglia che abbiamo sempre fatto come Cgil. Risale solamente a due settimane fa la nostra denuncia della vicenda di una persona che ha ricevuto un permesso di soggiorno già scaduto. È del tutto evidente che in Questura ci sia un problema di carenza di personale, come mi sembra ci sia anche nel resto d’Italia, quindi il problema è sistemico e siamo ancora lontani dalla soluzione”.
Per il sindacato non servono vuote dichiarazioni di intenti ma azioni capaci di cambiare la situazione: “Mentre apprendiamo che l'ipotesi Santo Volto (una porzione di un duomo dove si vorrebbero porre l’ufficio immigrazione, ndr) rischia di non arrivare in tempi utili – aggiunge -, ciò che ci aspettiamo dal tavolo istituito in Prefettura è una proposta precisa e concreta”.
“I fatti fanno riemergere l’urgenza di affrontare questa situazione in tempi celeri e modalità realmente efficaci: questo è il momento per dare forma a quella riorganizzazione che il giudice impone per garantire i diritti universali a coloro che ogni giorno lavorano a fianco a fianco con cittadini e cittadine e che meritano pari dignità e pari diritti”, conclude Ferro.