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La solidarietà va a processo. Si è infatti aperto stamattina (21 ottobre) a Ragusa il procedimento contro all’equipaggio di Mediterranea saving humans. Su richiesta della Procura sono stati rinviati a giudizio sei attivisti con l'accusa di “favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina”.
L’11 settembre 2020, la nave Mare Jonio intervenne per soccorrere 27 persone, migranti che da 38 giorni si trovavano a bordo della petroliera danese Maersk Etienne, abbandonati in mezzo al mare e senza alcuna possibilità di sbarco, e nonostante le loro gravi condizioni fisiche e psicologiche. I migranti furono portati in salvo e sbarcati nel porto di Pozzallo, con l’autorizzazione delle autorità italiane. Tre mesi dopo la compagnia Maersk Tankers fece una trasparente donazione a sostegno delle attività di soccorso civile nel Mediterraneo. Per questo gli attivisti sono stati rinviati a giudizio.
A cinque anni di distanza dagli eventi si è aperto finalmente il pubblico dibattimento. La Cgil è stata presente in aula insieme ad altre associazioni “per manifestare e testimoniare vicinanza e solidarietà all'equipaggio, nell'auspicio che il processo possa chiarire finalmente le posizioni degli attivisti nel pieno rispetto del principio di indipendenza e autonomia della Magistratura.
“Noi abbiamo fatto quello che dovevamo fare, cioè aiutare queste persone, i marittimi e l'equipaggio della nave commerciale che aveva fatto un’opera giusta e andavano a aiutarli. E per questo siamo oggi siamo a processo”, ha detto Luca Casarini di Mediterranea. “Ovviamente trasformeremo questa occasione in un atto di accusa. Chi ha deciso di lasciare 38 giorni alla deriva questa nave? Chi ha deciso di non intervenire nemmeno con un medico? Chi ha deciso di darci il porto e poi farci un processo? - continua - Ecco, tutte queste cose le diremo in tribunale”.
“È preoccupante questa emorragia di di umanità nel nostro Paese - ha detto Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, anche lui predente in Tribunale -. E la disumanità non può essere legge. Noi abbiamo delle norme che coi loro meccanismi sono disumane. Qui vengono messe alla sbarra delle persone che hanno salvato vite umane. Allora bisognerebbe che ci fosse un'insurrezione nel nostro Paese rispetto a questa disumanità”.
“Si va quasi verso una forma di assuefazione, di normalizzazione - ha continuato -, non è possibile. E allora diventi un grido: sul banco degli deputati vadano le istituzioni che fanno queste leggi”.
In Aula, c'eranoanche Alfio Mannino segretario generale Cgil Sicilia Peppe Scifo della Cgil nazionale, e Giuseppe Roccuzzo segretario della Cgil di Ragusa. “La nostra presenza - dicono - oltre a testimoniare la solidarietà agli imputati conferma il pieno sostegno all'azione delle ong impegnate nei salvataggi in mare. E ancora una volta ribadisce la contrarietà della Cgil insieme alle tante realtà della società civile, alla linea politica del Governo che criminalizza le associazioni che salvano vite in mare”.
Per la Cgil “è urgente contrastare le norme che criminalizzano il soccorso in mare a partire dal Decreto D.L. n. 145/2024 che introduce prescrizioni che di fatto rendono quasi impossibile le attività di salvataggio nel Mar Mediterraneo con l'inevitabile conseguenza dell'aumento del numero delle vittime di naufraghi per mancato soccorso”.
“Non è possibile - proseguono i sindacalisti - continuare ad assistere a questa tragedia che come le guerre produce migliaia di morti innocenti nel Mar Mediterraneo ormai diventato un cimitero. E non è più tollerabile l'indifferenza delle istituzioni nazionali ed europee sempre più determinate d innalzare muri contro i migranti che scappano da situazioni di guerra, fame e stravolgimenti climatici”.
Per la Cgil “l'Europa non può continuare a essere la fortezza dove al suo interno si rinchiudono indifferenza e disumanità anche perpetuando violazioni dei diritti umani, delle leggi e dei trattati internazionali a tutela delle persone migranti. Non solo in mare, perché in diversi Paesi membri esistono centri di reclusione per persone “irregolari” nei confronti delle quali si praticano trattamenti disumani senza tutele legali in condizioni di incarcerazione pesante, in assenza di reati penali commessi”.
Con la presenza alla prima udienza al processo contro Mediterranea la Cgil “vuole sottolineare che non intende essere complice di politiche sbagliate e disumane e soprattutto affermare la necessità di aprire canali legali e sicuri per chi scappa da condizioni di guerra e miseria, rivendicando al tempo stesso il diritto alla mobilità degli esseri umani”