Giovanni Lattanzi è stato da poco nominato nuovo presidente dell’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale. A Collettiva racconta le sfide messe in campo dalle ong.

Presidente Lattanzi, la sua nomina arriva in un momento complesso per le ong. Con quale spirito assume l’incarico?
Con lo spirito di rinnovare l’impegno di Aoi nel promuovere una società più giusta e solidale, in Italia e nel mondo. Vogliamo continuare a lavorare per la cooperazione internazionale, la pace, la difesa dei diritti umani e la giustizia sociale e ambientale. E lo faremo rafforzando il ruolo della società civile nella costruzione di politiche pubbliche inclusive, partecipate e orientate al bene comune.

Le ong, oggi, sono spesso al centro di polemiche e attacchi politici. Come valuta questa situazione?
È un quadro preoccupante. Negli ultimi anni le ong sono state spesso criminalizzate, in particolare quelle impegnate nei salvataggi in mare. Basti ricordare le ultime norme che sembrano fatte apposta per ostacolarne l’operato. Non è una novità: già nel 2017, il governo definì le navi umanitarie “taxi del mare”, accusandole di collaborare con gli scafisti. È una narrazione tossica che danneggia chi lavora per salvare vite e difendere i diritti umani.

Come si può reagire a questa campagna di delegittimazione?
Bisogna fare squadra. Da soli non ce la facciamo. Dobbiamo costruire alleanze con i sindacati, con le associazioni di categoria, con tutto il Paese. E soprattutto con i giovani, perché vedo in loro una grande voglia di giustizia sociale e di rispetto del diritto internazionale. Se non riusciamo a costituire un’alleanza ampia e unitaria, rischiamo di restare nell’angolo.

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Lei cita spesso i giovani: che ruolo possono avere nel rilanciare il mondo della solidarietà?
Un ruolo decisivo. Le piazze piene di studenti che abbiamo visto negli ultimi mesi sono emblematiche di un desiderio di partecipazione. Bastava che scoccasse la scintilla, e subito si aprivano cortei, bandiere, voci. Quella energia noi dobbiamo saperla intercettare, valorizzare, accompagnare. È una spinta che può ridare senso alla cooperazione e alla solidarietà internazionale.

Intanto il governo taglia i fondi alla cooperazione, mentre aumenta le spese per la difesa. Una contraddizione?
Una contraddizione evidente. La legge di bilancio ha ridotto le risorse destinate alla cooperazione, ma in prospettiva prevede un aumento di 12 miliardi per le spese militari. È una scelta che dice molto sulle priorità politiche di questo Paese. Noi dobbiamo reagire, ribadendo che investire nella pace, nei diritti e nella solidarietà è l’unico modo per costruire sicurezza vera e duratura.

Oltre alle risorse, però, c’è anche un problema di immagine per le ong. Come si può superarlo?
C’è molta confusione nella percezione del mondo delle organizzazioni internazionali e di solidarietà. In molti non conoscono davvero il nostro lavoro e finiscono per credere alle caricature che vengono diffuse. Per questo Aoi deve lavorare molto sulla comunicazione: raccontare con forza tutti i benefici che arrivano dalle nostre progettualità, soprattutto quelle sviluppate con i partner locali. I risultati sono concreti e positivi per le comunità coinvolte. Dobbiamo mostrare ciò che accade sul campo, perché raccontare la realtà è la forma più alta di trasparenza.